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Non c’è solo Anitona, la venere immersa nella Fontana di Trevi: nordica, giunonica, negli occhi la trasgressione del primo benessere. Federico Fellini, il sognatore, il genio, le donne le ha rincorse, sognate, desiderate. Fino a immaginare una città tutta per loro. Un’ossessione.

Ciccio Ingrassia in Amarcord: Voglio una donna

Non esiste scena nella cinematografia che esprima questa passione meglio di quella dello zio Teo, alias Ciccio Ingrassia, arrampicato sull’albero nel giorno del permesso dal manicomio: «Voglio una donnaaa, voglio una donnaaa», urla disperato in Amarcord. Ma non c’è solo carnalità, possesso. I suoi pensieri onirici sono affollati di amori mai sbocciati, impossibili.

Gli amori che ti accompagnano per una vita, ma che non hanno vita. I suoi film sono pieni di donne fatali, viste e divinizzate dal buco della serratura. Non solo la Gradisca di Amarcord, peccato proibito degli adolescenti, ma tante altre: come se la sacralità della bellezza femminile fosse irraggiungibile per gli uomini, qualcosa che si può solo sognare, ammirare, sfiorare. E anche quando l’amore si realizza, resta l’incompiuto: si può accarezzare un corpo, ma non sedurre la mente, i pensieri, l’essenza del mistero che ciascuna donna custodisce. Proprio questa inadeguatezza maschile, spinge la curiosità di Fellini a cercare di dare forma all’universo femminile. Le disegna in ogni istante, anche sui tovaglioli delle trattorie: sono corpi armoniosi, grandi seni, fianchi rotondi, bocche carnose. In ognuna cerca quello che non troverà mai, perché l’uomo nella eccitazione e nel delirio delle forme, è incapace di carpire e comprendere.

Un essere dimezzato, accecato dalla libidine. Da qui l’inquietudine disperata di amori nuovi, di volare di fiore in fiore, in cerca di un piacere che dia la sensazione di aver avuto, di aver preso, trovato. L’essenza dell’universo femminile felliniano è forse racchiusa in una frase di Sandra Milo, per 17 anni sua amante e complice: «In una unione non esiste pudore». E sull’abbattimento di questa frontiera che i grandi amori s’infrangono. Fellini, come Mastroianni, come tanti altri grandi uomini, hanno affrontato le incursioni nelle alcove, come gli alpinisti le vette: sempre con una corda di sicurezza.

Per il regista dei Vitelloni, il gancio in mezzo al cielo è stata Giulietta Masina, moglie-mamma, di sicuro la meno appariscente del carrozzone felliniano, ma fondamentale, unica, insostituibile. La prova che gli uomini restano bambinoni, in cerca di certezze che poco hanno a che vedere con la passione, la quale è invece rischio, lotta, competizione, sofferenza. Le donne ci riescono. Noi no. Il mistero più dolce del mondo è in questa differenza atavica. Il segreto che gli uomini non scopriranno mai.


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