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Una delle foto simbolo del dramma vissuto dal personale sanitario: l'infermiera riposa sulla scrivania

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QUARANTA medici vittime del Covid-19, migliaia quelli contagiati. Una mattanza che non ha eguali nel mondo e che pone l’Italia tra le realtà dove è più alta l’incidenza delle positività e delle vittime tra i camici bianchi. Numeri in continua evoluzione, aggiornati senza sosta dall’Istituto Superiore di Sanità.

Dalla giornata di mercoledì a quella di giovedì sono ben sette i medici deceduti. Il portale della FNOMCeO, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, riporta i nomi dei “caduti in camice bianco” con la pagina «che resterà listata a lutto in loro memoria, in un triste elenco che verrà via via aggiornato. Un monito – scrive l’organizzazione – una lezione per tutti».

Un triste e drammatico conteggio che pone in grande difficoltà l’intero sistema sanitario nazionale, già provato dai continui ricoveri e da un sistema sempre più al collasso. Le immagini del personale sanitario sfinito, con il volto segnato dalle mascherine indossate per ore, addormentati su una sedia dopo turni interminabili, hanno fatto il giro del mondo ed ora sono la categoria che sembra pagare il prezzo più alto.

Filippo Anelli, presidente nazionale della FNOMCeO, lancia un monito senza precedenti: «L’Italia sta vivendo una situazione drammatica a causa della diffusione dell’infezione da Covid-19 e i professionisti sanitari stanno pagando un tributo molto alto».

«È lecito supporre questi eventi sarebbero stati in larga parte evitabili – sottolinea Anelli in una lettera-appello pubblicata sul British Medical Journal – se gli operatori sanitari fossero stati correttamente informati e dotati di sufficienti dispositivi di protezione individuale adeguati: mascherine, guanti, camici monouso, visiere di protezione, che invece continuano a scarseggiare o ad essere centellinati in maniera inaccettabile nel bel mezzo di un’epidemia a cui pure l’Italia si era dichiarata pronta solo a fine due mesi fa».

L’andamento del persona medico contagiato in Italia (clicca sulla foto per ingrandire)

Il presidente della federazione ribadisce: «La nostra proposta immediata, per consentire di far fronte all’epidemia e una ripresa almeno parziale dell’erogazione delle prestazioni essenziali almeno ai soggetti più vulnerabili garantendo un’adeguata protezione non solo agli utenti ma anche agli operatori sanitari, consiste nello sbloccare immediatamente e senza ritardi le forniture di dispositivi di protezione individuale ma anche di eseguire test di screening a risposta rapida in maniera sistematica per lo meno a tutti gli operatori sanitari operanti nel pubblico e nel privato, inclusi i medici di medicina generale e operatori di case di riposo o RSA, centri diurni, che mostrano sintomi di infezione da Covid-19 (anche lieve e in assenza di febbre) o che sono stati in contatto con casi sospetti o confermati».

Anelli aggiunge: «Abbiamo voluto sottolineare l’inadeguatezza del modello ospedalo-centrico per far fronte ad epidemie di questa portata, com’è diventato evidente dopo la chiusura di interi ospedali in Italia per la diffusione dell’infezione tra medici, infermieri e pazienti. Errore fatale è stato e in taluni casi rischia di continuare ad essere l’assenza di percorsi dedicati esclusivamente al Coronavirus quanto ad accesso, diagnostica, posti letto e operatori sanitari. Inoltre, va chiarito che nessuna epidemia si controlla con gli ospedali, come si è forse erroneamente immaginato: è sul territorio che va espletata l’identificazione dei casi con test affidabili ma anche con rapidi kit di screening e la sorveglianza con la tracciabilità dei contatti, il monitoraggio e l’isolamento».

«Lo screening deve avvenire mediante test a risposta rapida validati, registrati presso il Ministero della Salute italiano, che presentano un’abilità del 100% di rilevare i casi negativi (altissima specificità) e rendono disponibile il risultato entro 15 e 45 minuti. In questo modo – conclude la lettera dei medici – soltanto il personale risultato negativo potrà continuare a lavorare in ospedale, ambulatori o strutture di assistenza domiciliare e a lungo termine per le persone anziane e pazienti critici. I test a risposta rapida dovranno essere confermati eseguendo tamponi faringei con analisi PCR in doppio controllo settimanale. Soltanto così si potrà finalmente avviare, sia pure in ritardo, una fase più controllata dell’attuale andamento epidemico».


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