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Neppure a Natale la traballante politica italiana riesce ad acquietarsi. Rende note le sue dimissioni il ministro Fioramonti ed è subito polemica. Ufficialmente lo fa per non aver ottenuto i tre miliardi di finanziamento per scuola e università (a mezzo stampa …): aveva detto che se non riusciva nell’intento si sarebbe dimesso ed ha mantenuto la parola. Caso abbastanza raro in politica, per cui non mancano quelli che lodano la sua coerenza. Che lo facciano convinti o per strumentalizzare è un altro paio di maniche.

L’INTERPRETAZIONE

L’interpretazione della mossa di questo grillino atipico non è semplice. Si potrebbe cominciare dal chiedersi se davvero abbia mai creduto di poter raggiungere il suo obiettivo, soprattutto senza avere alle spalle una grande credibilità personale e un progetto molto preciso. Il percorso di Fioramonti al ministero non è stato caratterizzato da azioni incisive: ha esordito quando era viceministro con la trovata di nominare l’ex Iena Giarrusso come grande inquisitore sui concorsi universitari ed ha finito da ministro varando una confusa iniziativa per reintrodurre l’educazione civica a scuola, mettendoci dentro di tutto, dalle buone maniere all’educazione ambientale. Si possono interpretare queste ed altre mosse come tipiche del grillismo delle origini, tutto annunci a pro dei media, ma non era roba seria. Di un coinvolgimento di “intelligenze” nel delicato campo degli interventi su scuola e università non c’è traccia. Chi ama troppo il palcoscenico preferisce il monologo.

M5S IN DIFFICOLTÀ

Non sembra che la sua uscita dal governo preoccupi per il venir meno di una presenza qualificata, ma piuttosto per altre ragioni. Più o meno esplicitamente viene interpretata da tutti come l’ennesima prova delle difficoltà di M5S, sempre tentato da scissioni e distinguo. Non sappiamo naturalmente se davvero Fioramonti abbia intenzione di formare, come si vocifera, un suo gruppo parlamentare con cui sostenere il governo, ma in polemica con la linea di Di Maio, soprattutto non sappiamo se abbia la forza di raccogliere attorno ad esso un numero adeguato di personaggi significativi.

GRILLISMO PER CONTE

In astratto potrebbe essere il primo passo per formare il già chiacchierato “grillismo per Conte”, anticamera di uno sganciamento del premier dall’attuale assetto del M5S per giocare una partita in proprio. Personalmente dubitiamo che Conte, qualora volesse davvero lanciarsi in un’avventura del genere, esordirebbe affidandosi a queste modalità. E’ vero che Di Maio e i suoi accusano ogni colpo e cercano di reagire compattandosi come possono, sia accentuando le pretese di protagonismo governativo con le solite bandierine da piantare, sia cercando di ricostruire un po’ di solidarietà interna: l’aver fatto circolare immediatamente la candidatura di Morra come nuovo ministro dell’Istruzione risponde alla strategia di cooptare e disarmare i possibili competitori interni. E’ altrettanto vero però che uno sfascio dei Cinque Stelle in questo momento non si vede a chi possa davvero giovare, come si deduce anche dalla estrema prudenza con cui il PD ha per ora accolto la notizia delle dimissioni di Fioramonti. Metterebbe in crisi la maggioranza senza vedere come ricostruirla.

GOVERNO TRABALLANTE

Per Conte è già difficile gestire il passaggio di gennaio con quattro componenti in concorrenza fra loro. Aggiungerne una quinta non si vede come potrebbe aiutarlo, perché vorrebbe dire avere un altro gruppetto di parlamentari che devono “farsi vedere” e si sa cosa questo voglia dire nel contesto attuale, per di più tenendo conto che si tratterebbe di parlamentari in lotta con la leadership di M5S, costretta ancor più ad accentuare le sue pretese identitarie. Non ci vuol molto a capire che un simile scenario renderebbe ancor più traballante il governo, che già dovrà fare i conti con le fibrillazioni dei renziani. Il premier dovrebbe sfruttare l’occasione proprio per cercare di mostrare la sua capacità di governo sulla sua ciurma riottosa. Se semplicemente si adeguerà a considerare la sostituzione di Fioramonti come un semplice “affare interno” ai Cinque Stelle, consentendo loro di designare un successore semplicemente sulla base di loro calcoli di convenienza, Conte non affronterà i difficili passaggi di gennaio rafforzato. Proprio per mostrare che il dimissionario sbaglia ad attribuire il mancato finanziamento delle sue richieste a disinteresse per il mondo della scuola e dell’università (un’accusa da non sottovalutare), il premier dovrebbe puntare a sostituirlo con una personalità di rilievo, il cui nome già mandi il messaggio di quanto il tema è considerato centrale. Potrebbe essere un messaggio che la stessa coalizione nel suo complesso mandarebbe al paese, sottolineando come davvero non si ragioni sempre e solo in termine di spartizione delle poltrone fra le forze della coalizione.

GESTI DI GENEROSITÀ

È una prospettiva possibile? Purtroppo ne dubitiamo. La attuale leadership dei Cinque Stelle non ci pare in grado di fare autonomamente gesti di generosità di questo tipo, né Conte è in grado di esigerla, visti i non pochi nodi che dovrà sciogliere nel prossimo mese. Eppure questa sarebbe la sola via per neutralizzare la mina vagante in cui può trasformarsi la scelta di un grillino atipico, che non è probabilmente in grado di essere protagonista di una scossa tellurica sul governo, ma che può essere il principio scatenante di una sciame sismico che non si sa quanto durerà e che ampiezza potrebbe raggiungere.


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