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LA penetrazione nelle diverse fasi del ciclo dei rifiuti «costituisce un ambito di intervento privilegiato della criminalità organizzata, realizzato attraverso l’intreccio tra affari illeciti, condizionamento dei processi decisionali pubblici, fenomeni corruttivi e inefficienze gestionali. È, d’altro canto, il coinvolgimento in sé delle mafie ad accentuare la valenza ”multioffensiva” del fenomeno, che prospetta varie criticità per l’interesse pubblico, sia dal punto di vista tributario – in relazione ai connessi fenomeni di evasione/elusione dei tributi settoriali – sia in termini di maggiori oneri richiesti per la tutela della salute pubblica e dell’integrità del territorio”. Lo scrivono i servizi di Intelligence nella Relazione annuale.

«Non trascurabile, inoltre – viene rilevato – il potenziale distorsivo di tali dinamiche illecite rispetto alle ordinarie regole della concorrenza e al posizionamento delle aziende sul mercato. Nel contesto delineato, la produzione informativa ha confermato, tra l’altro, la penetrante azione di ingerenza soprattutto di sodalizi siciliani e calabresi, ma anche campani, all’interno di apparati amministrativi locali, proprio con l’obiettivo di condizionare la gestione del ciclo dei rifiuti, nonché di orientare i processi decisionali a beneficio di aziende vicine ai clan. Nell’ambito di pratiche illegali di smaltimento dei rifiuti per combustione, che hanno interessato soprattutto le regioni del Nord Italia, è emerso inoltre il coinvolgimento criminale, attraverso aziende compiacenti del settore, in traffici di rifiuti di varia natura provenienti anche da altre aree e diretti pure verso il territorio estero. Del pari, rilevano evidenze concernenti altre metodologie illecite di smaltimento, quali il riempimento di capannoni abbandonati e il tombamento di rifiuti in cave dismesse».

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