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La Guardia di Finanza di Catania, ha scoperto una rete di società italiane ed estere, finalizzata ad ottenere finanziamenti pubblici attraverso la costituzione di call center in Piemonte, Puglia, Calabria e Sicilia. Arrestate 11 persone e sequestrati beni per oltre 130 milioni di euro.

L’indagine ha ricostruito il complesso gruppo societario piramidale organizzato con il sistema delle ‘scatole cinesi’ nell’intento di eludere eventuali accertamenti. Quattro le società coinvolte. Tra i beni sequestrati c’è anche uno yacht a vela di oltre 20 metri, vincitore di diverse regate oceaniche e noto per essere stata il set cinematografico del film «Ore 10, Calma Piatta» con Nicole Kidman (nella foto). La truffa, secondo quanto emerso è di circa 34 milioni di euro.

L’inchiesta è coordinata dal procuratore capo etneo Vincenzo D’Agata e dal sostituto della Dda Antonino Fanara.

L’attività svolta dalla Polizia Postale di Catania è stata decisiva al fine di smascherare il tentativo posto in essere dagli informatici della Raf di Novara. I poliziotti hanno studiato i software dalle complesse modalità di funzionamento, per la gestione dei call center e per l’attività di marketing.

Sono state poi eseguite «perquisizioni informatiche» presso i vari call center oggetto dell’indagine: ne è risultato che i programmi spesso non venivano utilizzati e che in alcuni casi non erano nemmeno funzionanti. I software avrebbero dovuto essere utili nel Sono 10 in tutto le persone arrestate, a cinque delle quali sono stati concessi gli arresti domiciliari. È attualmente irreperibile invece l’undicesimo indagato, che si troverebbe all’estero.

Al centro dell’inchiesta ci sono progetti finanziati dal ministero dello Sviluppo economico per un ammontare di 44 milioni di euro, 34 dei quali circa già concessi, a favore di quattro società: la «B2B» con sede legale a Catania ma operante a Trapani, la Multimedia Planet con sedi a Trapani e Bistritto (Bari), la «Multivoice» di Lamezia Terme (Catanzaro) e la «Soft4web» di Vibo Valentia.

Per gli investigatori la truffa verteva sull’acquisto, con finanziamenti statali della legge 488, del ‘codice sorgentè di un software di gestione di call center, che secondo la polizia postale di Catania non sarebbe però mai stato utilizzato perché presentava un ‘bug’ di difficile soluzione informatica e che era prodotto da due aziende con sede all’estero.

Le indagini della guardia di finanza avrebbero permesso di appurare l’esistenza di anomale fatturazioni fra ‘gruppi’ e aziende, che per la Procura di Catania erano soltanto apparentemente estranee tra loro, ma in realtà collegate. Con questo sistema sarebbe stato possibile svuotare le cassa dei call center a favore di conti correnti, aperti in banche svizzere e orientali, da società organicamente poste in posizione ‘superiore’ nella catena di controllo a piramide. Alcuni dei promotori della truffa, secondo l’accusa, prestavano la propria consulenza alla società fornitrice del software, per il quale avrebbero ricevuto i contributi, affinché fosse utilizzabile almeno a livello dimostrativo per ingannare gli ispettori ministeriali preposti al controllo.

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