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Pino Aprile

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di PINO APRILE

PERCHÉ Perché “neo-meridionalismo”? Non so chi abbia messo il neo (la questione è sempre la stessa, “meridionale”), ma qualche ragione per giustificarne l’esistenza la si trova:

• “neo”, perché il dibattito sul meridionalismo era ormai in stato letargico. Il Sud era dato per perso e inutili i tentativi di recupero, perché “il malato non muore e non guarisce”; e al peggio del Paese faceva comodo prender sul serio la “Questione settentrionale” posta dalla Lega, ma condivisa da fasce ben più ampie, perché si traduce in una rapina di risorse pubbliche a favore del Nord, quanto forse mai in un secolo e mezzo, a parte i primi anni. La Questione Meridionale è il divario di infrastrutture, reddito, produttività del Sud, rispetto al resto del Paese (quindi quello che manca è l’equità); la Questione Settentrionale è il presunto diritto del Nord, in quanto più ricco (ma con soldi di tutti), ad avere più diritti (quindi, quello che manca, è la decenza);

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• “neo”, perché mentre il meridionalismo storico (nato soprattutto a opera di studiosi e politici del Nord) vede la ragione del divario in un “ritardo” dovuto a condizioni preesistenti all’Unità, negli ultimi anni è dilagata una messe di studi universitari e di divulgazione editoriale e giornalistica, che mostrano come il divario fu conseguenza del modo in cui fu unificato il Paese: invasione armata, un genocidio (riporto documenti in “Carnefici”), distruzione dell’economia e dell’industria meridionale, saccheggio del tesoro e delle banche delle Due Sicilie e la decisione, ancor oggi, di negare al Sud infrastrutture e investimenti pubblici dati al Nord per sostenere l’economia (meno due brevi periodi ai primi del Novecento e dopo la seconda guerra mondiale). Questo ha creato una frattura profonda fra vecchi e neo meridionalisti; solo una nuova stagione di studi e ricerche potrà colmarla.

• “neo”, perché il nuovo meridionalismo ha aspetti “di massa” che il primo non aveva: era elaborazione e confronto di una eletta pattuglia di grandi uomini, che suggerivano soluzioni (i loro eredi cercano più spesso sistemazioni e carriere). Comunicavano con libri, riviste di livello accademico e poche ricadute sui quotidiani. Oggi, il web rende tutto a tutti all’istante e li coinvolge. Non si era mai vista tale partecipazione, perché i mezzi non la consentivano.

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• “neo”, perché ora il meridionalismo è parte di un fenomeno planetario, la globalizzazione, figlia della nuova rivoluzione culturale dell’homo sapiens, dopo quelle agricola, 10mila anni fa, e industriale, dal 1789: quella informatica, partita nel 1989 con il crollo del muro di Berlino (cadono le frontiere, moneta unica, la Cina liberalizza…). Nel mondo “virtuale” del web (cui quello “reale” si adegua), tutti operano alla pari, tanto che il Sud del mondo raggiunge e talora supera il Nord. Ma mentre fa tutti indistinguibili, la globalizzazione induce a riscoprire identità, differenze, rivalutando il localismo: il mio paese, il mio dialetto, la mia storia. Il Sud, così, si riscopre e rivaluta, perde il complesso di minorità che gli è stato imposto con una narrazione coloniale.

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• “neo”, anche perché nella ricerca di quel che non ci è stato detto su come si unificò l’Italia, sono attivissimi quelli del movimento culturale che il co-fondatore Riccardo Pazzaglia chiamò “neoborbonico”, non per ripristinare Regno e dinastia, ma la verità su cosa furono e fecero, occultata da un secolo e mezzo di diffamazione, per evitare risentimenti che potessero indebolire l’idea dell’Italia unita. Per riassumere: il neomeridionalismo ricostruisce verità, perde minorità, è di massa, chiede equità e rispetto. Politicamente, è “opposizione meridionale” (ovvio, nella fase iniziale), ma non ancora aggregata.

 

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