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LE omelie da “trasmettere” alle masse arrivano, puntuale, da chi “espelle” dalla bocca argomentazioni su tutto e su tutti, non crede mai in niente, adora la visibilità e la parola pagata. Abbiamo bisogno di più persone e di meno personaggi. Essere testimoni e artefici del cambiamento, raccontare la realtà dei fatti e non i fatti di cui ha bisogno una realtà di comodo. Il viaggio nel mondo della verità si basa su un concetto molto elementare: raccontare ciò che si vede nella sua interezza. È questo un dovere di giornalisti, scrittori, intellettuali.

Negare i fatti è una espressione distorta della mente. È una patologia che va curata. Si può curare. O nel migliore dei casi, è palese malafede. Soprattutto se le ricostruzioni parziali sono finalizzate ad attirare una attenzione mediatica, a produrre consenso, a “macinare” danaro. Conoscenza, cultura e responsabilità. Tre principi di una via maestra per osservare da una prospettiva a lungo termine il modo in cui gestiamo le parole, gli istinti e i fatti. Raccontare Napoli e il Sud abolendo una letteratura a senso unico potrebbe essere un grosso passo in avanti. Non si deve oscurare nulla. Nel bene e nel male.

Oggi, ahimè, negare il fermento e la voglia di cambiamento che si registra nelle periferie di Napoli, e in particolare a Scampia, significa mortificare il lavoro di tanti volontari che hanno scelto di sporcarsi le mani, rischiando in prima persona. C’è ancora tanto da fare. Questo è palese. Se le omelie da trasferire alle masse lasciassero il posto alla concretezza, se il verbo si trasmutasse anche in azione, potremmo vedere la luce prima del previsto. Un sogno? Può darsi. Non bisogna farsi illusioni, mai. Ma abbiamo il dovere di giocarci la partita, di metterci la faccia. È un segnale di grande responsabilità.

Perché i giovani non hanno bisogno solo di parole e lezioni dai soliti soloni, ma di concretezza. La coscienza ci darà poi il suo responso.

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