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Non mancano però numeri allarmanti nello studio realizzato da Vox che ha preso in esame 2,6 milioni di tweet postati tra il 2016 e il 2016

COSENZA – Su 2,6 milioni di tweet inviati tra agosto 2015 e febbraio 2016, considerando 76 termini riferiti a sei categorie di persone (donne, omosessuali, immigrati, diversamente abili, ebrei e musulmani), 412.716 avevano un contenuto “negativo”. Tra questi ultimi, il 63% conteneva i classici termini a dir poco “offensivi” verso le donne, il 10% verso i migranti, il 10,8% verso gli omosessuali; seguiti da quelli verso gli islamici (6,6%), le persone con disabilità (6,4%) e gli ebrei (2,2%).

E dei tweet negativi, 112.630 sono stati geolocalizzati: Lombardia (16.393 tweet), Umbria (12.664 tweet) e Lazio (12.164 tweet) sono le regioni più “intolleranti”; Valle d’Aosta (37 tweet), Molise (136 tweet) e Basilicata (189 tweet) quelle più “tranquille”. La Calabria invece si colloca tra le regioni “mediamente tolleranti”. È in questa la mappa dell’intolleranza via Twitter degli italiani, realizzata da Vox – Osservatorio italiano sui diritti in collaborazione con le università statali di Milano, Bari e La Sapienza di Roma, sono le donne le più colpite.

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Anche per i ricercatori di Vox non è sfuggita la “buona posizione” della Calabria: se pensiamo, per esempio, al tema dell’immigrazione, avremmo potuto aspettarci una quantità maggiore di tweet in Calabria e Sicilia che rappresentano il primo approdo italiano per i migranti che arrivano via mare. Ma una lettura alternativa del dato fa pensare che, in quanto zone di transito e più difficilmente di permanenza dei migranti (tranne qualche caso come Rosarno) Calabria e Sicilia non esprimono sentimenti significativamente negativi. Vero è che, come confermano le rilevazioni Istat 2015, i cittadini stranieri residenti in Sicilia sarebbero 174.116 e in Calabria 91.354, contro 1.152.320 in Lombardia e 636.524 nel Lazio. Mentre la Basilicata è quasi assente in questa triste classifica, la Calabria fa registrare la sua presenza in alcuni ambiti: Reggio c’è – con numeri dieci volte quelli lucani ma decisamente inferiori a quelli dei capoluoghi del Nord – per le offese alle donne, il razzismo, l’antisemitismo e l’islamofobia; Crotone per razzismo e antisemitismo; Cosenza per l’Islamofobia. Scarsi i casi di insulti agli omosessuali e ai diversamente abili.

Perché una ricerca su Twitter? Sebbene tra i social network non sia quello maggiormente utilizzato per la condivisione di stati personali (primeggiano Facebook e Google+), il fatto che Twitter permetta di re- twittare dà l’idea di una comunità virtuale continuamente in relazione e l’hashtag offre una buona sintesi del sentimento provato dall’utente. “Soltanto 140 caratteri disponibili in un tweet consentono a un atteggiamento individuale di diffondersi ed essere condiviso da un infinito numero di utenti, spesso ‘garantito’ dall’anonimato della rete”, spiega Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicoanalista, professore ordinario alla Facoltà di Medicina e Psicologia Sapienza Università di Roma. “Minacce, insulti razzisti o omofobi, commenti sessisti, immagini private pubblicate per vendetta sono tutte evacuazioni psichiche che online trovano il luogo ideale per esprimersi. Data, infatti, l’assenza di interazioni fisiche, contatto visivo, condivisione delle espressioni facciali, tono della voce, i filtri e le (auto)censure cadono, le mediazioni si annullano e la comunicazione si fa più “agita”.

Il rischio è che, però, fuori dalla rete questo tipo di comunicazione può assumere dimensioni ragguardevoli e la frustrazione e il disagio quotidiano possono cronicizzarsi in forme aggressive. 

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