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Sandro Ruotolo

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 «C’È un’energia vitale collettiva che non si può comprendere se non parli con la gente, se non percorri le strade, i vicoli di Napoli. Le pistole ci sono ma non c’è più la rassegnazione. Questa è già una vittoria».

Sandro Ruotolo è il giornalista televisivo che sta sostenendo il “risveglio” delle coscienze di Napoli. Napoli come si presenta ai tuoi occhi?

«Nessuno si sogna di dire che Napoli è diventata un Eldorado. Sarebbe una presa in giro. Ma qualcosa sta cambiando e non si può negare. Ci sono movimenti che si sostituiscono alla politica. C’è un Mezzogiorno che inizia ad occuparsi del suo territorio. Da qui a dire che abbiamo risolto i problemi ce ne passa. Ma cogliamo tanti aspetti positivi per un risveglio sociale, per una affermazione della green economy. Ci sono elementi di novità che la politica e una serie di intellettuali non hanno ancora capito. Sono venuti meno i sindacati e si stanno affermando realtà interessanti, come i movimenti e le università».

Hai scritto una lettera a Roberto Saviano per ribadire che Napoli non è solo Gomorra…

«Premetto che Roberto ha tanti meriti, tra cui quello di aver posto all’attenzione dell’opinione pubblica italiana e non solo, la questione criminale napoletana. Saviano non è un nemico: vorrei che anche nella narrazione del male si accorgesse della realtà di oggi. Puoi raccontare la paranza dei bambini ma non puoi ignorare i mutamenti. Non è vero che Napoli non è cambiata. Napoli è diventata un laboratorio straordinario di aggregazione, di democrazia dal basso. Segmenti della società civile sono andati oltre la pura indignazione. C’è l’azione di Ciro Corona, dell’Università della Calabria, e il percorso di legalità di Francesco Verde, il fratello di Gelsomina, vittima innocente di camorra. Sono tutti segnali di risveglio che partono dal basso».

Una Napoli senza camorra: è solo un sogno?

«Una politica senza mafia è possibile. Una mafia senza politica è impossibile. La penso come Giovanni Falcone: “La mafia non è invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine”. Per raggiungere importanti traguardi è fondamentale fare rete».

Nella lotta alla mafia un ruolo di primo piano è rivestito da alcuni parroci. Cosa è cambiato rispetto al passato?

«I preti di oggi c’erano anche prima. Sono cambiati i loro interlocutori. I ragazzini di vent’anni fa sono degli uomini. Hanno preso coscienza delle problematiche del loro territorio, hanno trasmesso questo senso di responsabilità ai loro figli. Un esempio tangibile è la battaglia sulla terra dei fuochi: a difesa del territorio è scesa in piazza una ragnatela di associazioni, comitati, movimenti, di uomini e donne. C’è un nuovo modo di concepire lo sviluppo dei nostri territori attraverso la green economy. Questa è già una rivoluzione. Quando cambia la forma, cambia anche la sostanza. C’è la consapevolezza dell’importanza del Sud, della propria terra. Altro che vittimismo. Qui oggi si lavora con orgoglio e dignità». 

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