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il cantautore Paolantonio

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Finalista nel 2018 al Premio Bindi, nel 2019 è tra i vincitori di Musicultura, con il brano “Questa Assurda Storia”. Il cantautore siciliano Paolantonio adesso debutta invece con l’album “Io non sono il mio tipo”.

Dopo aver aperto i concerti di Simone Cristicchi, Fabrizio Moro, Ornella Vanoni, e dopo una lunga e sana gavetta tra festival e live, debutta con il suo primo lavoro discografico. Un progetto nato grazie a una fortunata campagna di crowdfunding, che si è conclusa in soli 3 giorni. Simbolo dell’apprezzata cifra stilistica del cantautore.

All’attività cantautorale Paolantonio affianca inoltre diversi impegni nel sociale: insegna italiano a minori migranti, tiene laboratori musicali nelle periferie milanesi, suona negli ospedali. Queste esperienze inevitabilmente influenzano la sua scrittura:“uno storytelling di eroi inconsapevoli e mondi decadenti ma autentici, interessanti, profondamente umani”.

“Io non sono il mio tipo” è una dichiarazione di guerra al falso mito dell’autostima, al “credici sempre”, all’ottimismo tossico. Non è accettarsi, ma è sentirsi a posto fuori posto. È la voglia di viversi qui e ora, senza rifugiarsi nel “chi eravamo” e senza fuggire nel “chi vorremmo essere”.

Ad accompagnare l’uscita del disco, il video del brano “I pupazzi del calcetto” (GUARDA IL VIDEO): un’opera di visual art realizzata dal collettivo siciliano Calisea. Usando materiali di riciclo, gli artisti hanno creato un set metafisico in cui si muove un puppet animato in stop motion. Il suo moto perpetuo verso un’unica direzione è l’interpretazione di un percorso di vita già segnato, a cui non sembrano esserci alternative; lo stesso destino che è riservato ai protagonisti del brano, quei “pupazzi del calcetto” che puntano alla porta avversaria senza accorgersi di non essere i veri giocatori della loro partita. La regia e il set design sono di Claudia Bonomo, l’animazione è di Nicolò Cucci, il montaggio è di Salvo di Paola.

“Io non sono il mio tipo” è un esordio che arriva dopo molti anni di scrittura. Forse proprio per questo, è un’opera adulta, noncurante delle tendenze e libera dai cliché di genere. Un disco in cui al centro di tutto ci sono le canzoni e quel piacere – per chi schiaccia play – di ascoltarlo tutto d’un fiato.

Pubblicato per l’etichetta Candischi, neonata realtà discografica milanese dedicata ai cantautori, la distribuzione è affidata invece ad Artist First. La produzione esecutiva è, di fatto, degli oltre 200 sostenitori di Paolantonio che hanno contribuito alla campagna di crowdfunding. Campagna che si è svolta a ottobre 2020 e che ha raggiunto il suo obiettivo in soli 3 giorni. “Io non sono il mio tipo” è stato registrato allo Jacuzi Studio di Milano tra ottobre 2019 e febbraio 2020.  L’album viene pubblicato esattamente un anno dopo a causa della pandemia.

Il supporto fisico dell’album è accompagnato da un booklet che contiene, insieme ai testi, nove particolari foto scattate dallo stesso Paolantonio con il suo cellulare. Dal blocco soviet sotto casa al panda gigante che abbraccia i passanti; sono nove scatti di surreale e grottesca quotidianità che permettono – dice l’autore – di “respirare le canzoni nella stessa aria in cui sono state scritte”.

Dalla ballata in 6/8 all’elettrocumbia, ogni canzone è una storia ambientata in uno scenario diverso, come una raccolta di racconti dello stesso autore. Un flusso assolutamente melodico rende i brani cantabili al primo ascolto. Paolantonio recupera l’importanza della narrazione testuale, del cantautorato purissimo proprio della scuola catanese dei ‘90 da cui discende; lo stesso che ebbe in Mario Venutie Carmen Consoli le massime figure tutelari, reinterpretandolo però con gusto fortemente contemporaneo.

L’importanza data ai testi è una vera e propria cifra stilistica dell’artista: parole immaginifiche, sinestesie, luoghi e personaggi che sembrano materializzarsi, la metrica usata come un metalinguaggio; e poi l’impegno civile, senza mai far retorica; l’ironia brillante, talvolta cinica; il vissuto personale dentro la storia corale, con quel disagio di un giovane adulto che fatica a sentirsi giovane quanto adulto.

Infine, l’interpretazione: Paolantonio canta dimenticandosi di esistere. Uno stato di flow che dura 28 minuti. Dalla prima all’ultima traccia – che curiosamente s’intitola“Franco Battiato” – l’immersione emotiva è un viaggio totale anche per chi ascolta.

A curare la produzione artistica è Giuliano Dottorimentre il missaggio è affidato a Taketo Gohara. Due figure fondamentali nel percorso del disco che riescono a conferire all’album un sound freschissimo e originale sul solco del grande cantautorato italiano.

Diversi i musicisti ospiti: Marco Guazzone, cantautore e frontman degli Stag, al pianoforte; Emanuele Ammendola al contrabbasso elettrico; una sezione fiati per la stravagante title track: Andrea Biviano(sax); Roberto Zantedeschi (tromba); Tiziano Cannas Aghedu (trombone). Giuliano Dottori ha suonato le chitarre, il basso elettrico e i synth; Alessandro Salerno la batteria. Chitarra acustica e cori sono di Paolantonio. L’album è stato masterizzato da Giovanni Nebbia all’Ithil World Mastering Studio di Imperia. Il progetto grafico è di Alessandro Pazzini. La foto di copertina è di Giorgio Serinelli.

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