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Non sempre il tempo che passa porta con sé il progresso. Così, se nel 1896 le prime Olimpiadi dell’era moderna sono un grande successo non si può dire lo stesso per l’edizione successiva del 1900.

NON sempre il tempo che passa porta con sé il progresso. Così, se nel 1896 le prime Olimpiadi dell’era moderna sono un grande successo nonostante le tante difficoltà organizzative, non si può dire lo stesso per l’edizione successiva del 1900. Dopo il rifiuto di designare Atene come sede permanente, gli organizzatori, guidati sempre dal barone de Coubertin, scelgono Parigi, che quell’anno ospita anche l’Expo. Ma quella che sembra un’opportunità straordinaria per promuovere i Giochi, alla fine si risolve in una sonora fregatura.

L’Esposizione universale, infatti, fagocita la maggior parte delle risorse e attira l’attenzione di tutti, lasciando lo sport relegato in un angolo. Le Olimpiadi, anziché pochi giorni intensi, durano da maggio a ottobre come l’Expo e non ci sono né la cerimonia di apertura né quella di chiusura, mentre il sospetto di brogli avvelena lo spirito sportivo. Qualcosa di buono, però, accade anche lungo le rive della Senna: sono ammesse le donne, i Paesi partecipanti raddoppiano (da 14 a 28), le discipline invece che 9 sono 20 (ma c’è il tiro al piccione…) e gli atleti in gara ben 1.500 (contro i 250 di Atene).

A Parigi, finalmente, arrivarono anche i primi ori per l’Italia: Giangiorgio Trissino nell’equitazione e Antonio Conte nella sciabola. Paolo Posteraro

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