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Una corsia d'ospedale

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Per quanto tempo continueremo a far finta che i problemi del sistema sanitario si pesino dalla durezza degli scontri tra Regione, commissari, gruppi imprenditoriali e via dicendo?

CHISSÀ se per il tempo in cui sarà presentato in anteprima galattica l’IPhone 22 avremo cambiato testa… Chissà se saremo, come oggi, disarmati di fronte ai problemi che ci fanno mancare l’aria, ogni giorno sempre più, come in un piccolo grande “Space invaders”, con gli alieni che si avvicinano a velocità crescente e noi abbiamo finito le palle del cannone.

Ma davvero siamo disarmati? Proprio tutti? Non è che, per caso, ci fa comodo – almeno finché abbiamo un filo d’aria per respirare – evitare di pensarci, di indignarci, di prendere posizione? E allora mettiamo il pilota automatico e appassioniamoci ai fiumi di parole, alle polemiche che guarda caso rimangono sempre nei paraggi dei problemi, senza neanche sfiorarne il cuore.

Cambierà, per quel tempo, l’imbarazzante stato dell’assistenza sanitaria in Calabria? E per quanto tempo continueremo a far finta che i problemi del sistema sanitario in questa regione (che, senza far finta di non capire, è fatto di pubblico e privato, perché il sistema è concepito proprio così e non a caso) si pesino dalla durezza degli scontri tra Regione, commissari, gruppi imprenditoriali e via dicendo? Il problema è l’incapacità di chi è preposto ad ogni livello di garantire un servizio che oggi, ben lungi dall’essere efficiente, è a tratti scandaloso. E se ci sono polemiche accese su aperture e chiusure di ospedali, su tagli e incrementi di posti letto (sulla regolarità e su eventuali aspetti patologici – leggasi imbrogli – questo Stato ammaccato ha ancora chi se ne deve occupare), proviamo, da “cittadini” calabresi (e anche questo status ancora ha un significato) a capire da quale parte stare. Quale soluzione auspicare, almeno, senza prestarci a scimmiottare prese di posizione sulla base di preferenze politiche (la Politica le palle del cannone le ha quasi esaurite) o simpatie da esprimere a chi riesce a essere più populista (che se non implicasse una sonora presa in giro della gente non sarebbe neppure un’espressione così brutta).

I politici sono… gli amministratori sono… Non basta più. E se qualcuno viene a raccontarci che quell’ospedale è buono perché porta più posti di lavoro, cerchiamo il coraggio di capire se nella bilancia pesa più il posto di lavoro o la possibilità di non mortificare nella dignità di persona un anziano costretto per ore su una sgangherata poltroncina di un pronto soccorso. Nel secondo caso salutiamo il nostro paladino e giriamo i tacchi. Perché ci si indigna prima dentro, e poi lo si esprime, ma ci vuole coraggio (è il prezzo dell’aria). O dobbiamo aspettare di essere noi quell’anziano? Non possiamo fare niente? No, possiamo cominciare a dire che siamo stanchi, che vorremmo problemi risolti e meno prese in giro. Il problema vediamolo dalla parte di chi non è deputato a risolverlo (che, se non riesce, se ne assume la responsabilità).

La Calabria va sgretolandosi. Basta una pioggia e le strade vengono giù. Noi ci passiamo, evitiamo la voragine transennata in maniera folle e irresponsabile, e via, verso i fatti nostri. Ci dobbiamo finire dentro per pensare che certe cose sono intollerabili? Eppure le cose vanno così. I politici sono… gli amministratori sono… Bene, e poi? Anzi, e noi? Sorvoliamo troppe volte, pronti, invece, ad accodarci (da cittadini basta un cenno di assenso di fronte alle parole del primo babbeo per accodarsi) alle polemiche vuote e strumentali che non servono a niente e nessuno. Ma a noi piacciono. Altri ci campano, in termini di visibilità e consenso (come siamo ridotti, tutti) e noi quasi quasi ci congratuliamo con noi stessi per aver preso una posizione netta su questa o quella sponda del fiume di bla bla. Basterebbe provarci: siamo indignati? Scriviamo una cartolina, motivando il motivo della nostra indignazione e, ovviamente, apponiamo la firma.

L’indignazione non è un insulto (come quelli, sottili o grossolani che siano, che si possono fare sul web gratuitamente), è un diritto e un dovere. Come il voto. E a chi la spediamo, la cartolina? Al Capo dello Stato, e in fotocopia ai giornali. Lo Stato, già, e non importa se è quello stesso Stato che non ci assicura i servizi sanitari efficienti, che ci fa rabbrividire con la giustizia lenta che è per ciò stesso ingiustizia e via dicendo. Indigniamoci, per i problemi veri. Lodi al Comune di Amantea che ha messo sul web i video di cittadini sporcaccioni che abbandonano rifiuti al bordo della strada. Al primo che si lamenta perché per quello è stato multato cerchiamo il coraggio, salutiamolo e giriamo i tacchi.

p.s. Ovviamente il riferimento iniziale all’IPhone (questo testo è stato scritto su una solida versione 4) serviva solo per ricordarci che il tempo scorre veloce, quanto gli alieni di “Space invaders”.

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