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La conferenza stampa dell'operazione su Calabria Verde

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La bufera giudiziaria che ha investito Calabria Verde con l’arresto, tra gli altri, dell’ex direttore generale Furgiuele, ci dà – stando alle accuse della Procura – almeno due scenari che meritano qualche considerazione.

LA bufera giudiziaria che ha investito Calabria Verde nei giorni scorsi con l’arresto, tra gli altri, dell’ex direttore generale Furgiuele (LEGGI LA NOTIZIA), ci dà – stando ovviamente alle accuse ipotizzate dalla Procura di Catanzaro – almeno due scenari che meritano qualche considerazione.

Il primo riguarda l’accusa a Furgiuele di aver utilizzato danaro e dipendenti di Calabria Verde per lavori alla sua villa. Se un dipendente di un’azienda privata si portasse a casa beni del datore di lavoro, la cosa farebbe senso (oltre che danno all’azienda e, indirettamente, a tutti i suoi dipendenti). Se al posto dell’azienda privata sostituiamo una struttura pubblica (soldi dei cittadini e danni per i cittadini tutti), e se al dipendente sostituiamo un manager, ogni affermazione sarebbe di certo inadeguata a esprimere ciò che ogni cittadino di buon senso penserebbe. E l’unico rimedio per arginare il moto di disgusto e disprezzo potrebbe essere appigliarsi alla molto improbabile ipotesi che Guardia di Finanza e magistrati abbiano sbagliato proprio tutto, che quelle sono solo invenzioni e che tutte quelle forniture pagate in qualche modo da Calabria Verde non siano servite per la dimora del manager, ma piuttosto per bonificare un pezzo di foresta o di territorio soggetto a frane.

Ed ecco l’altro scenario: decine di milioni di euro di fondi europei destinati ad azioni contro il rischio di esondazioni sarebbero stati “distratti” e utilizzati, in realtà, per pagare gli stipendi degli operai forestali. Speriamo che la notizia non sia giunta alla Merkel o a Hollande. Ma, a parte questo, resta il nodo principale: l’assoluta incapacità di gestire bene l’esercito dei forestali (che tanto spazio nei decenni ha procurato alla Calabria nelle pagine delle cronache nazionali), tanti, troppi e non certo per responsabilità loro, ma, evidentemente, per colpa di intere classi politiche che, appunto nei decenni, hanno pensato bene di “pagare” il consenso con assunzioni.

E le parole del procuratore distrettuale Nicola Gratteri («La mia prima indagine quando ero giudice istruttore a Locri riguardava proprio la forestazione… in 30 anni nulla è cambiato») dovrebbero far riflettere non solo i più o meno attenti lettori, quanto chi ha responsabilità amministrative e può quantomeno tentare di fare qualcosa per cambiare registro. Qua non si tratta di dire che tutti i forestali sono parassiti e non servono a niente, perché ovviamente non è così (per come è stato ridotto il nostro territorio, di lavoro da fare ce ne sarebbe davvero tanto); il problema è che se è stato facile promettere e fare assunzioni per puro e “semplice” clientelismo, dopo in molti – di tutti i colori e di tutte le provenienze partitiche – se ne sono infischiati. Semplice, comodo, vergognoso.

E la riprova che la gestione è stata improduttiva la si ha semplicemente facendosi raccontare qualcosa da qualche ex forestale, oggi in pensione, che non ha remore nell’affermare che proprio la gestione era uno schifo e che, solo per fare un esempio, ad un certo punto si è pensato di abolire il rimborso chilometrico ai forestali (mica tutti facevano bird-wachting o cercavano funghi) e di accompagnarli sul posto di lavoro, nei boschi, con costosi pulmini, dalla costosissima manutenzione (anche perché una cosa è andare in aeroporto, con quei mezzi, altra cosa è andare in montagna… si scassano, naturalmente). Purtroppo, però, se su un piatto della bilancia c’è il sacrosanto diritto degli “incolpevoli” forestali a essere pagati, sull’altro ci sono anche interessi superiori (le azioni contro le esondazioni, per esempio). Anche in questo caso dilungarsi è inutile.

Assumi qua, assumi là, prometti posti qua, prometti posti là, i risultati sono sotto gli occhi di tutti. E se proprio non ci si vuole affaticare la vista, basta guardare a quello che è oggi la sanità calabrese: servizi minimi sotto l’essenziale e buchi di bilancio da far intervenire i commissari. Nei decenni le assunzioni nella sanità sono servite spessissimo per fini clientelari, solo che se almeno avessero assunto medici e infermieri quantomeno il catastrofico stato della sanità regionale oggi avrebbe fatto meno male alla gente. Invece, i pochi medici e infermieri che ci sono schiattano da anni nei pronto soccorso, insieme alla gente, e probabilmente negli uffici amministrativi tanti sono stati impegnati nell’elaborazione di un programma planetario contro la mosca olearia (peraltro ancora non presentato). Complimenti a tutti quelli che, nei decenni, hanno fatto la loro parte, perché è superfluo dire che appare quantomeno ingenuo pensare che i responsabili dei mali della sanità (quantomeno di quelli “storici”) siano gli attuali amministratori regionali o i commissari. Questi, casomai, risponderanno dell’ennesimo eventuale fallimento, per il quale ci sono, purtroppo, tutte le condizioni favorevoli, a giudicare dai servizi reali erogati oggi ai calabresi. Servizi reali, ovvero prestazioni, né budget, né progetti. E proprio ieri è arrivata da Roma (altro centro di grande efficacia amministrativa) la notizia che saranno introdotti nuovi ticket sanitari, rendendo a pagamento prestazioni fino ad oggi coperte dal servizio sanitario.

Tanti complimenti.

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