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È rimasto negli uffici della procura per almeno cinque ore, chiuso con il capo della Squadra mobile di Potenza, Barbara Strappato. Acquisizioni? Di sicuro lunghi colloqui con alcuni magistrati. Il nuovo incubo delle “toghe” dei Palazzo di giustizia di Potenza e Matera si chiamerà d’ora in poi Giuseppe Borrelli, napoletano come Woodcock e De Magistris, e proprio dalle indagini di De Magistris sarebbe ripartito per arrivare alle denunce di Henry John Woodcock che finora non avrebbero avuto risvolti. Ma non solo.
Questo è quanto, stando alle indiscrezioni, starebbe a fondamento di quella che qualcuno ha già ribattezzato “Toghe lucane 2”, ultimi fuochi o un nuovo, clamoroso filone nella storia dei rapporti tra magistratura e politica in Basilicata? Certo è che il magistrato ieri mattina se l’è fatta di buona lena da Catanzaro, e si sa che non è uno che passa inosservato.E’ ritornato nel capoluogo calabrese nel pomeriggio.
Magistrato dal 1986, giovanissimo Borrelli è autore di storiche inchieste, diventato celebre nella sua città per le indagini sul clan dei Nuvoletta che avrebbero portato alla cattura dei killer di Giancarlo Siani, giornalista del Mattino. Sono stati otto anni di lavoro ininterrotto, con il copyright della “camorra degli incensurati”, quella che qualcuno avrebbe chiamato “camorra spa”, poi è arrivato il turno del clan Alfieri, dei Galasso, dei Cesarano, e dei Fabbrocino, e il passaggio alla Dda.
Caso ha voluto che la sua strada si fosse già incrociata con quella di Luigi De Magistris quando entrambi erano in servizio nella procura partenopea, tra il 2002 e il 2003 (pausa per De Magistris della lunga presenza in Calabria). A quei tempi il collega più giovane si occupava di reati economici, e unirono le forze per un’indagine sugli interessi dei Nuvoletta sugli appalti del cimitero di Marano. A scanso della fama di spietati inquisitori fece davvero scalpore quel lavoro tanto da restare agli atti del Senato un’interrogazione al Ministro di grazia e giustizia sulla richiesta di archiviazione per il sindaco del paese e un imprenditore, che avrebbe avuto la colpa di intrattenere dei rapporti di collaborazione con il cognato di un uomo di fiducia del clan, uno di quelli condannati all’ergastolo per l’omicidio di Siani, proprio sugli elementi raccolti da Borrelli. Poi è venuto il passaggio alla sezione reati amministrativi.
Il suo arrivo a Catanzaro risale a ottobre del 2008, quando il trasferimento di De Magistris era già diventato esecutivo. Prima era stato in servizio all’Ispettorato del ministero della Giustizia. Nella sua nuova sede Borrelli ha preso il posto di procuratore aggiunto affiancando Antonio Lombardo con la delega alla Direzione distrettuale antimafia, ma con molta libertà di spaziare anche in altri settori.
A gennaio, tanto per capirsi, è stato lui che ha chiesto il rinvio a giudizio per trentanove degli oltre cento indagati nell’ambito dell’inchiesta “Poseidone”, un’altra eredità di Luigi De Magistris, dopo una serie di stralci e archiviazionii. Al centro dell’indagine stanno i fondi per la depurazione delle acque in Calabria, e tra gli imputati figurano ancora l’ex presidente della Regione Calabria Giuseppe Chiaravalloti (attuale vice presidente dell’Autorità di garanzia per la privacy), l’ex assessore regionale all’Ambiente Domenico Basile, e il vecchio subcommissario per l’emergenza ambientale Giovambattista Papello, più diversi tecnici, funzionari pubblici, e imprenditori.
Quanto andasse cercando al quarto piano del Palazzo di giustizia di Potenza non è ancora chiaro, ma sembra che nell’ambito della stessa inchiesta sia stato già sentito un sostituto della procura della Repubblica di Matera, e si sa che alla richiesta di archiviazione del pm Capomolla mancano alcuni capitoli dello schema di De Magistris. Sono scomparse tra le altre cose le denunce di Henry John Woodcock e di alcuni dei suoi più stretti collaboratori. Ieri all’udienza di Catanzaro non ce n’era nessuno. Forse per loro è ancora tutto da stabilire.
Leo Amato

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