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A sinistra un cantiere edile, a destra l’assessore Anna Grazia Maraschio

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PROTESTANO le associazioni e i comitati di ambientalisti parlando dell’ennesimo «colpo di mano sulle città». Si interroga la politica con le forze di centrodestra che guardano con interesse alle dinamiche del fronte opposto. A quello scollamento tra il governo regionale e i suoi consiglieri di centrosinistra. Il primo indica una strada normativa ben precisa; i secondi procedono in direzione diametralmente opposta ottenendo anche il sostegno delle opposizioni. Il Piano Casa alla Regione Puglia rischia di riaprire molte ferite nella tenuta della maggioranza di via Gentile.

A distanza di 48 ore si sentono ancora gli effetti del voto unanime con il quale il consiglio regionale ha detto sì all’ennesima – siamo alla numero 12 – moratoria. In Puglia sino al 31 dicembre del 2022 potrà essere utilizzato ancora una volta quello strumento urbanistico che se nel 2009 il governo Berlusconi varò come “misura temporanea ed eccezionale”, da queste parti sta diventando praticamente permanente. In barba alla straordinarietà. La norma-proroga, proposta in primis dal Pd, consente di ampliare le volumetrie dell’esistente, dal 20 al 35 per cento, in caso di demolizioni, ricostruzioni e ristrutturazioni, salvaguardando i canoni di efficienza energetica e di miglioramento edilizio.

Così come previsto dalla legge regionale 14 del 2009. Il testo inoltre individua due nuove date chiave: la proroga all’1 agosto 2021 come termine temporale di esistenza dell’immobile su cui far valere i benefici del Piano casa e la proroga al 30 giugno 2021 come scadenza entro la quale far rientrare gli immobili da sottoporre a recupero volumetrico tramite i sottotetti, i porticati e i locali seminterrati. Insomma, tra Piano Casa e Bonus 110% la Puglia si appresta a diventare un grande cantiere a cielo aperto, dando fiato all’economia e alla ripresa del settore, ma creando forti malumori tra il partito del “no al cemento”.

Forti perplessità arrivano da Legambiente Puglia che la definisce «una norma nata senza partecipazione e senza il coinvolgimento dei territori e delle comunità», una norma che denota «un preoccupante “snellimento delegislativo” che tralascia gli spazi per i servizi e la correlazione delle nuove densità con le infrastrutture, come viabilità, parcheggi e verde, necessarie al vivere collettivo di qualità». «Pertanto – è l’appello del presidente di Legambiente Puglia Ruggero Ronzulli – chiediamo all’assessore Maraschio di avviare urgentemente un tavolo di lavoro condiviso per mettere fine a questo ennesimo scempio».

Fortissime critiche da La Giusta Causa, l’associazione culturale e politica dell’avvocato barese Michele Laforgia: «In pratica, nelle nostre città (per lo più dotate di vecchi piani regolatori, che andrebbero aggiornati alle nuove esigenze ecologiche, di equità e solidarietà sociale) si continuerà a costruire senza rispettare i principi attuali dell’urbanistica, consentendo e incoraggiando l’edificazione di complessi edilizi privi del verde e dei servizi necessari per creare un ambiente vivibile e sostenibile». Ma non solo. Per l’associazione «non è in discussione l’esigenza di riqualificare e rigenerare il patrimonio edilizio, obsoleto, pericoloso ed energivoro, contenendo il consumo di suolo. Ma la rigenerazione va attuata con strumenti che consentano alle amministrazioni locali di verificare la coerenza con l’ambiente e il sistema urbano di prossimità».

Sin qui il dato più tecnico della vicenda, che ne apre però un altro di natura politica. La distanza tra il presidente Emiliano, l’assessore all’Urbanistica Anna Grazia Maraschio e le forze di coalizione. Il governo aveva infatti detto “no” alla proroga preannunciando un testo definitivo sulla materia, ma i consiglieri di centrosinistra hanno preferito prendere un’altra strada. Ormai nota da settimane visto che in questo caso, a differenza del tanto contestato Tfm di fine luglio (gli assegni di fine mandato), non c’è stato alcun blitz. Il salva Piano Casa ha seguito da settimane il suo naturale percorso legislativo: prima è passato in V Commissione e poi è approdato al voto finale dell’Aula.

Quindi il governo regionale avrebbe avuto tutto il tempo per trovare una mediazione in zona Cesarini con i partiti di coalizione. E sul banco degli imputati sale l’assessore Maraschio, assente in aula al momento del voto e contro la quale arrivano le prime richieste di dimissioni. In primis dalla Lega e dal suo capogruppo Davide Bellomo. Ma si pone anche un problema sulla tenuta complessiva della giunta: al momento del voto gli assessori sono andati in ordine sparso, tra favorevoli, contrari e astenuti.

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