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Michele Emiliano durante la riunione

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Il 15 novembre il premier Draghi sarà a Bari per presentare il Piano nazionale di ripresa e resilienza e potrebbe essere quella l’occasione per il governatore Emiliano di ribadire il concetto espresso ieri: «Il coinvolgimento delle Regioni è assolutamente necessario», altrimenti si rischia il fallimento. Il presidente della Regione Puglia, nonché vicepresidente della Conferenza delle Regioni, dà ulteriore voce alla protesta di giovedì dei presidenti dei Consigli regionali riuniti per due giorni a Bari: i Comuni da soli non ce la faranno a progettare e spendere le risorse del Pnrr entro il 2026.

«Il governo – ha criticato ieri Emiliano a margine della presentazione del Rapporto 2021 su «Legislazione tra Stato, Regioni e Unione europea» – sta correndo, sta utilizzando dei luoghi di spesa non strategici come i Comuni, che non hanno la possibilità di una strategia complessiva, e secondo noi è un errore. Le Regioni hanno una programmazione di area vasta, quando devi fare infrastrutture, sanità, scuola e incidere sulle periferie abbandonate non lo puoi fare città per città, lo devi fare con i programmi di area vasta e, tra l’altro, le Regioni tra loro devono coordinarsi.

Quindi, saltare le Regioni non solo non è costituzionale, non corrisponde al disegno costituzionale, ma è anche un errore perché rallenta la spesa perché la stragrande maggioranza dei progetti, chiunque poi li debba realizzare, passano dagli uffici regionali che devono fare tutte le valutazioni previste dalla legge». Già giovedì mattina Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale del Veneto e coordinatore della Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative, arrivando a Bari aveva tuonato: «Le Regioni sono state escluse dal Pnrr, rischiamo di fallire».

Il concetto è chiaro: le Regioni vogliono essere protagoniste nella fase progettuale e di spesa dei miliardi del Pnrr, non ci stanno ad essere «scavalcati» dai sindaci. Il pericolo concreto è che i Comuni, con il poco personale a disposizione, soprattutto i centri più piccoli, non riescano effettivamente a gestire programma da svariati milioni di euro. E se si dovessero ritrovare anche senza il sostegno delle Regioni, sarebbe un autogol clamoroso. «L’emergenza pandemica- ha ribadito Ciambetti ieri – ha evidenziato le fragilità del nostro sistema costituzionale per quanto concerne i sistemi di raccordo dei diversi livelli di governo, soprattutto per quanto riguarda Stato e Regioni.

Il coinvolgimento» delle Regioni ed enti locali «non ha mai riguardato la fase preliminare all’adozione degli atti adottati dal governo. Tale circostanza ha fatto emergere la necessità di potenziare il sistema delle conferenze» e «individuare una adeguata sede di dialogo parlamentare tra livello nazionale e quello delle autonomie regionali che potrebbe essere rappresentato dalla commissione bicamerale per le questioni regionali, integrate con rappresentanti delle Regioni e degli enti locali».

Anche la presidente del Consiglio pugliese, Loredana Capone, critica: «In questi due giorni – sostiene – la Puglia è stata protagonista del dibattito nazionale sul futuro del Paese, ha potuto mettere sul tavolo le sue priorità, rivendicare il diritto di essere coinvolta, al fianco di tutte le altre Regioni, nelle strategie del Piano nazionale per la Ripresa e la Resilienza, ha detto chiaramente che non ci sarà crescita né rilancio se non si riparte dal Sud. Da questa pandemia – prosegue – o usciamo tutti insieme ripartendo dalle fragilità oppure chi è rimasto indietro sarà sempre più discriminato.

Nell’Italia post emergenza sanitaria non può più esserci un Sud e un Nord, c’è invece spazio per lavorare finalmente a un Paese dei diritti che sono gli stessi per tutti e quei diritti devono andare anche oltre l’Italia per abbracciare l’Europa intera». A presentare il Rapporto è stato Ettore Rosato, vicepresidente della Camera, che ha ammesso una certa difficoltà di dialogo tra governo e Regioni ma anche avvisato gli enti locali: «Il Pnrr – ha detto – ci impone di potenziare la capacità di dialogo e cooperazione tra i diversi livelli di governo territoriali, occorre che sia questa logica di dialogo a prevalere per evitare di fare ricorso a quello che la governance del Pnrr pure consente, vale a dire il ricorso a poteri sostitutivi e al commissariamento degli enti territoriali inadempienti rispetto all’attuazione del piano».

E ha aggiunto: «La collaborazione istituzionale» deve essere «alla base del nostro dovere di amministratori pubblici nei diversi ambiti in cui lavoriamo e rendere più facile la vita a chi governa le Regioni e alle istituzioni regionali è un dovere delle istituzioni nazionali. Dobbiamo contribuire ad aiutare gli Esecutivi e i Consigli regionali a fare bene il loro lavoro fornendo strumenti e tempi». Il vicepresidente, infine, ha lamentato l’uso «eccessivo» di decreti legge: «Quando viene presentato un decreto legge a settimana, diventa difficile trovare spazio per altre iniziative legislative. Il decreto legge sembra essere diventato l’unico veicolo in cui incanalare le iniziative legislative, i parlamentari attendono solo il decreto giusto per poter incanalare le loro proposte di legge che altrimenti non vedrebbero mai il tempo di essere discusse».

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