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Il Consiglio regionale della Puglia

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Il trattamento di fine mandato non sarà abrogato, ma verranno solamente apportate delle modifiche per adeguarlo a quello esistente in altre Regioni.

È questo l’accordo che, ieri pomeriggio, i capigruppo del Consiglio regionale pugliese, convocati dalla presidente Loredana Capone, hanno trovato dopo un paio di ore di discussione.

L’annuncio ufficiale è stato dato attraverso una scarna nota, assente qualsiasi dettaglio su come il Consiglio intenda procedere: secondo alcune indiscrezioni, dovrebbe essere eliminata la retroattività e aumentata la percentuale di contribuzione dei consiglieri. Inutili i tentativi di avere chiarimenti, ieri i telefonini squillavano a vuoto.

Le proposte di modifiche approderanno in Aula martedì 21 settembre, dopo essere passate al vaglio delle VII commissione: «L’indirizzo – è quanto riportato nel sintetico comunicato – è adeguare la norma vigente al modello individuato nell’Intesa della Conferenza Stato Regioni del 6 dicembre 2012 applicato dalle altre Regioni». In poche parole: non ci sarà un’abrogazione del Tfm, come pure avevano chiesto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, i sindacati, Confindustria e pugliesi, ma solo delle modifiche che cambieranno di poco la sostanza. Anche ieri il governatore, ospite di Telerama, ha avuto parole dure: «La norma – ha evidenziato – è stata introdotta non come si fa normalmente, cioè con un disegno di legge che passa dalle commissioni e poi viene discusso dal Consiglio. È stata fatta con un emendamento, firmato da tutti i capigruppo e presentato su una legge che non c’entrava nulla con il Tfm. Emendamento che è stato approvato senza discuterlo. Se qualcuno presenterà un disegno di legge per abrogarlo immediatamente io lo voterò. Il Tfm esiste in quasi tutte le Regioni, però se lo devi ripristinare non lo puoi fare senza avvisare nessuno».

Anche il segretario regionale del Pd, Marco Lacarra, aveva chiesto pubblicamente un passo indietro, cioè l’abrogazione dell’assegno di fine mandato. Invece, il Consiglio regionale va dritto per la propria strada. Il Tfm è stato reintrodotto lo scorso 27 luglio, all’unanimità, otto anni dopo l’abolizione.

Il 6 agosto, l’emendamento approvato è stato promulgato, è quindi ormai una legge e, sino a quando non verrà cancellata, i consiglieri regionali in carica dal 2010 al 2015 e dal 2015 al 2020 possono chiedere legittimamente il pagamento arretrato per gli anni che vanno dal 2013 sino al 2020. Qualcuno lo ha già fatto e, quindi, ora la sua richiesta dovrà essere soddisfatta. Un pasticcio che potrebbe pesare dai 2 ai 5 milioni sulle casse del Consiglio regionale, nessuno, difatti, potrà impedire ai consiglieri di incassare quello che, allo stato attuale, è un loro diritto soggettivo.

«Ritengo indispensabile procedere con l’abrogazione – commenta Antonella Laricchia, consigliera del M5S, l’unica ad opporsi alla reintroduzione del Tfm – ho già presentato un disegno di legge e lo porterò avanti. Per rispetto nei confronti dei pugliesi che sono giustamente indignati bisogna cancellare quella norma e, solo dopo, semmai procedere ad una discussione trasparente. Ma con calma, perché non c’è alcuna urgenza di approvare il Tfm, non è una priorità per la Puglia. I miei colleghi del M5S, dopo aver incontrato Giuseppe Conte, avevano annunciato di voler abrogare la norma, ma ancora una volta non sono riusciti a tenere la barra dritta».

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