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POTENZA – Trasferire da Catanzaro a Potenza l’inchiesta sui traffici del clan degli zingari di Cassano e i viaggi della droga sulla Ss106. E’ quanto chiede il policorese Filippo Solimando (46), da tempo residente a Corigliano e considerato ai vertici di uno dei più potenti “locali” di ‘ndrangheta calabresi.
L’istanza del suo difensore, l’avvocato Rosetta Rago, è stata già esposta tra i motivi del ricorso in Cassazione contro l’ordinanza di misure cautelari spiccata ad aprile dal gip di Catanzaro per Solimando e altre trenta persone.
Il legale sostiene che «i primi segni di operatività dell’associazione in esame non sono stati riscontrati nel territorio di Corigliano Calabro, dovendo anzi ritenersi, dalla lettura degli atti di indagine (scaturita dall’arresto avvenuto in Aprilia l’11 febbraio 2013 di un autotrasportatore di Policoro e dal relativo sequestro di un rilevante quantitativo di marijuana occultato in un carico di arance), ed in particolare dalle modalità dai tempi e dai luoghi di esecuzione dei primi reati-fine contestati, che il distretto competente non sia quello di Catanzaro, ma quello di Potenza».
Ma la Corte l’ha giudicata «inammissibile, per aspecificità della relativa formulazione», ricordando il principio per cui «la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui ha sede la base ove si svolgono la programmazione, la ideazione e la direzione delle attività criminose facenti capo al sodalizio». Quindi «non tanto il luogo in cui si è radicato il “pactum sceleris”, quanto quello in cui si è effettivamente manifestata e realizzata l’operatività della struttura».
Se la questione verrà riproposta, non appena le accuse approderanno in udienza, si vedrà di qui a breve. D’altronde erano stati gli stessi inquirenti dell’antimafia di Catanzaro ad affermare che in tempi recenti Solimando aveva trasferito la «base operativa» dei suoi traffici in Basilicata. Grazie all’appoggio del fratello Giacomo e del suo «alter ego» Giovambattista Serio, entrambi di Policoro, e del “carabinir” di Scanzano Jonico Gerardo Schettino. Oltre che dello stesso Giuseppe Todaro, che è l’autotrasportatore arrestato nel 2013 con 1.340 chili di marijuana nascosti sotto un carico di arance.
Per i finanzieri della sezione Goa del Gico di Catanzaro, del Goa di Brescia, della Compagnia di Policoro e dello Scico, Solimando era riuscito a costituire una fitta rete di «pericolosi narcotrafficanti internazionali in grado di movimentare grossi quantitativi di marijuana dall’Albania verso l’Italia, avvalendosi di vettori marittimi dell’organizzazione, nonché di cocaina ed eroina, mediante l’impiego di automezzi modificati nella struttura al fine di ricavarne appositi vani funzionali all’occultamento». Lanciati sulla Ss106.
Nel corso dell’inchiesta, soprannominata “operazione Gentlemen” sono state sequestrate più tre tonnellate di stupefacente, tra cocaina, eroina e marijuana, per un valore sul mercato di 45 milioni di euro. In più sono state rinvenute numerose armi: 10 Kalashnikov, 2 mitragliette Scorpion e 5 pistole semiautomatiche. Destinate al “gancio” del gruppo nel porto di Gioia Tauro, dove da anni si consuma una faida sanguinosa tra famiglie un tempo vicine al potente clan dei Piromalli. .
Secondo l’accusa, l’organizzazione aveva messo in piedi un traffico di droga transnazionale, degno dei narcotrafficanti sudamericani. Ed è in effetti in Paraguay che nel 2013 il clan era riuscito ad acquistare 130 chili di cocaina che sarebbero dovuto arrivare nel porto di Gioia Tauro. Mentre normalmente i rapporti erano tenuti con i trafficanti albanesi e i trasporti di stupefacente avvenivano grazie a una piccola flotta di pescherecci messi a disposizione da imprenditori della marineria di Schiavonea.
L’attività delle fiamme gialle ha delineato l’attività del “locale” di Corigliano e della cosca degli zingari di Cassano, compagini ritenute dagli investigatori storicamente dotate di autonomia ed accertata operatività criminale nell’ambito del traffico internazionale di stupefacenti. Nel corso degli anni, inoltre, «gli zingari» si sarebbero emancipati da una situazione di dipendenza che li relegava ai margini delle associazioni ‘ndranghetistiche sino ad assurgere alla posizione di un locale di ‘ndrangheta.
Assieme a Solimando al vertice del clan ci sarebbe stato Luigi Abbruzzese, venticinquenne di Cassano Jonio, figlio ed erede dell’impero criminale del boss Franco “Dentuzzo” Abbruzzese.
A maggio, due mesi dopo il blitz dell’antimafia di Catanzaro, altre 10 persone, tutte lucane, sono state raggiunte da un’ordinanza di misure cautelari del gip di Matera, nell’ambito del secondo filone dell’inchiesta sui traffici di droga lungo la Ss106. Per loro l’accusa è di spaccio di stupefacenti per aver venduto la merce in arrivo dal tarantino e dall’Alto Ionio, grazie proprio ai contatti con il gruppo di Corigliano, fra Policoro, Nova Siri, Scanzano, Tursi e Senise.
l.amato@luedi.it

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