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TITO – «L’acqua è potabile». Anche se dai rubinetti delle due abitazioni in cui sono stati effettuati i prelievi dell’Arpab, gli idrocarburi ci sono. Secondo le istituzioni, però, non c’è motivo di essere allarmati. E per tranquillizzare i cittadini, ieri mattina, il sindaco Scavone e il direttore generale di Acquedotto lucano, Gerardo Marotta, hanno bevuto davanti a tutti i presenti l’acqua che scorre dalla fontana pubblica in piazza. «Sì, io la bevo», ha confermato il primo cittadino ai microfoni del Tgr. Ma la comunità è tutt’altro che tranquilla. E non lo sarà fino a quando sul caso non sarà fatta chiarezza assoluta. A partire dalle due famiglie che di tasca propria hanno pagato le analisi private che hanno fatto emergere la contaminazione in corso. E a cui – dopo la conferma arrivata dai laboratori dell’Agenzia regionale per l’Ambiente – è stata interrotta l’erogazione idrica. Al momento non si sentono affatto rassicurati. «L’abbiamo bevuta fino a un mese fa e soprattutto l’abbiamo fatta bere ai nostri figli. Non possiamo non essere preoccupati», dice uno di loro.

Nel frattempo Acquedotto lucano e Agenzia regionale per l’ambiente stanno conducendo nuove analisi in altri punti di prelievo per cercare di circoscrivere il fenomeno. In particolare l’Arpab ieri mattina ha effettuato nove prelievi: nei tre serbatoi, lunga la rete idrica e nelle scuole. Se da queste nuove indagini non dovesse emergere la presenza di idrocarburi, sarebbe  sempre più credibile l’ipotesi di infiltrazioni che si sarebbero verificate nei singoli casi. Diversamente, il problema sarebbe ben diverso. Una sorta di mappa di lavoro è stata definita nella riunione che si è tenuta ieri mattina presso il Municipio di Tito, tra Comune, Acquedotto, Asp, Arpab e Regione. Come annunciato già ieri, è stato chiesto un parere all’Istituto superiore di sanità che dovrebbe fare luce su una questione fondamentale: le concentrazioni di idrocarburi riscontrate nelle due abitazioni private sono o meno pericolose per la salute umana. Gli idrocarburi pesanti, infatti, non sono tabellati. Ovvero, la legge, a differenza di altri inquinanti,  non indica le percentuali massime tollerate all’interno delle acque di uso potabile. Esistono più normative di riferimento, però in contrasto tra di loro. Ecco perché in via precauzionale, com’è stato ribadito nell’incontro di ieri, è stato deciso di “chiudere i rubinetti” della due abitazioni private, così come consigliato dall’Azienda sanitaria potentina. Ora non rimane che attendere. Nella speranza che il parere richiesto all’Iss arrivi al più presto e dia indicazioni precise. Nel giro di una settimana dovrebbero essere anche conclusi gli ulteriori accertamenti che stanno conducendo Arpab e Asp. Ma prima di allora è difficile credere che i cittadini possano affidarsi a un semplice atto di fede.

L’Asp parla chiaro: “Il sindaco disponga il divieto”

MA intanto, la comunicazione inviata dal dipartimento Igiene dell’Azienda sanitaria di Potenza al Comune di Tito, a seguito   dei dati Arpap relativi all’acqua dei rubinetti delle due abitazioni analizzate, partità giovedì scorso, parla chiaro: «Si ritiene necessario che il sindaco disponga, mediante apposita ordinanza, il divieto dell’utilizzo delle acque a uso potabile. Si invita l’ente gestore Acquedotto lucano a rimuovere le casue dell’inconveniente igienico. Si ritiene opportuno, inoltre, che l’Ente gestore e l’apab effettuino, con cortese urgenza, ulteriori campioni e analisi dei parametri non confomri agli usuali punti di prelievo utilizzati per i campioni interni ed esterni».

m.labanca@luedi.it

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