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POTENZA – Con l’acqua alla gola, un’altra volta, proprio come è accaduto circa un anno fa, quando si è cercato di far rientrare l’emergenza con una campagna di riscossione crediti a tappeto. Ad Acquedotto lucano, la Spa che gestisce l’erogazione del servizio idrico in Basilicata, e soprattutto maggiore stazione appaltante della regione, stipendi e pagamenti ai fornitori e alle aziende appaltatrici sarebbero a rischio.

Questa volta la denuncia arriva direttamente dalle sigle di categoria di Cgil, Cisl e Uil. Nei giorni passati avevano chiesto al presidente Rosa Gentile un incontro per fare un quadro sulla situazione finanziarie dell’ente, che ormai da tempo desta molte preoccupazioni.

E quello che è emerso non è troppo rassicurante. Perché se è vero – come sostengono i sindacati – che il bilancio aziendale risulta sostanzialmente in equilibrio (a fronte di una pesante situazione debitaria, ci sarebbero altrettanti crediti vantati dalla Spa), la situazione resta delicata: manca liquidità corrente e a breve termine. Insomma, soldi per pagare lavoratori e imprese non ce ne sono. E le conseguenze non sono da sottovalutare. Sono tantissime le aziende che rischierebbero il blocco delle riscossioni.

E il peggio potrebbe arrivare proprio a partire dalle prossime settimane. Il presidente Pittella, in qualità di azionista di maggioranza, ha richiesto la convocazione dell’assemblea dei soci. All’ordine del giorno lo stravolgimento statutario: dal Consiglio d’amministrazione, all’amministratore unico. Un passaggio delicato che – secondo quanto sostengono i sindacati che avevano accolto favorevolmente la trasformazione in atto –  potrebbe determinare un vincolo, con il blocco della gestione  ordinaria di Acquedotto. «Limitando così – scrivono Cgil, Cisl e Uil – ogni atto che comporti un impegno di spesa per la società». La conseguenza starebbe nell’impossibilità di  attivare linee di credito bancario a condizioni ordinarie di mercato, ma pagando invece tassi di interesse notevolmente superiori. Il che provocherebbe un sensibile peggioramento nella già difficile situazione finanziaria della società. A Pittella si chiede quindi di  favorire le condizioni minime di garanzia finanziaria. Ma a parte la richiesta che arriva dalle sigle sindacali, il rischio blocco dei pagamenti apre una riflessione dolorosa sulle partecipate di regione. Soprattutto alla vigilia delle trasformazioni in atto. Basterà mettere mano alla formula societaria per risolvere i mali di una società partecipata che sembrano avere radici molto più profonde? Come dimostra il fatto che il problema non è solo di Acquedotto.

A Sviluppo Basilicata, dove l’amministratore unico c’è già, qualche settimana fa, si è presentata una situazione del tutto simile: stipendi a rischio per mancanza di liquidità. «A causa dei mancati trasferimenti da parte della Regione!, dicono loro.

Segnali chiari di un sistema evidentemente al collasso. In cui è sempre più evidente che la stessa Regione fa a fatica a garantire quello che riusciva ad assicurare prima: consentire, con i suoi generosi trasferimenti, non solo la normale gestione, ma anche la copertura dei “fossi” di bilancio, di amministrazioni che evidentemente si sono fatte forza proprio del sostegno pubblico. Un Pozzo di San Patrizio che sembrava non avere fondo. I tempi, però, evidentemente sono cambiati.

E l’apparato pubblico, volendo o meno, dovrà cambiare insieme ad essi. Solo qualche settimana fa dal Consiglio regionale è arrivato l’ennesimo esempio in questa direzione: cinque milioni di euro, che inizialmente dovevano finire nelle casse di Al, spostate sul fondo soprannominato “Salva Potenza”.

Ufficialmente le risorse destinate alla Spa dell’acqua, che si aggiungono ai 19 milioni annui già stanziati, dovevano servire a far fronte ai costi crescenti della società, per evitare nuove stangate sulle bollette dei lucani. Nella pratica, è chiaro che la Regione ha cercato di andare in soccorso ad Al per alleggerirne la crisi finanziaria. Il presidente Pittella ha assicurato che quel trasferimento nei mesi prossimi sarà comunque confermato, attraverso altro canale di finanziamento. Nel frattempo, anche a causa della campagna elettorale in corso, era necessario andare al capezzale di un altro malato: il Comune di Potenza, ormai sempre più vicino al default.

Il copione è di quelli classici: togli da qui e mette lì. Un giochetto che, però, non può durare ancora a lungo. Non senza mettere mano radicalmente al sistema e cambiare le regole di una partita che altrimenti può considerarsi già persa.

m.labanca@luedi.it

 

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