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di PIERO QUARTO
«Una soluzione verrà trovata entro due-tre mesi ma non vogliamo decidere in solitudine. E’ chiaro che il pubblico non può fare tutto da solo e dunque ci deve essere un’interazione anche in termini di programmazione sulla gestione con il privato». 
Salvatore Adduce lancia alcuni spunti interessanti alla discussione sui contenitori culturali, si dice «attento a quanto sta avvenendo e convinto che sia utile per la città approfondire queste tematiche» ma non si sbilancia assolutamente sul dibattito in corso tra coloro che vogliono un nuovo teatro e coloro che ritengono necessario intervenire e migliorare l’esistente. 
Adduce fa invece un’altra distinzione: «ciò che deve essere chiaro è la differenza tra il pubblico ed il privato. Non vorrei che ci fossero equivoci anche rispetto a fatti spiacevoli che sono avvenuti. Noi non abbiamo nessuna responsabilità sui privati, nè possiamo dire cosa fare ad un privato. 
Noi abbiamo la volontà di intervenire e migliorare le strutture pubbliche, penso all’auditorium su cui ci sono già dei fondi disponibili ed un progetto e penso anche ad altre aree pubbliche (anche se non direttamente del Comune), come ad esempio l’ex Ospedale di piazza San Giovanni. Laddove potremo interverremo. Per quanto riguarda il privato credo che si debba entrare nell’ordine di idee che ognuno deve provare a migliorare il proprio prodotto, se poi ci saranno in questo contesto economico delle proposte per un confronto con l’Amministrazione noi siamo aperti e pronti. 
Ma è bene distinguere ciò che tocca all’Amministrazione e ciò che tocca ai privati». Il sindaco sembra voler evitare che l’Amministrazione possa diventare una sorta di parafulmine di ciò che avviene in città. Ma il dibattito sui contenitori culturali resta più che necessario ed il punto è che non ci si può fermare solo all’intervento pubblico o solo alla scelta se riqualificare o creare una struttura ex novo ma bisogna pensare anche al dopo.
Quanto  alla possibilità di una collaborazione Adduce pertanto chiarisce: «è chiaro che io sono convinto che l’idea giusta sui contenitori culturali è quella di mettere insieme pubblico e privato perchè serve un intervento sostanzialmente di programmazione che possa allargarsi alle necessità della città, alla necessità di un circuito di contenitori culturali, all’utilizzo di quei contenitori ed anche alla gestione che bisogna averne e che non può essere certo lasciata al pubblico.
Ecco perchè sono convinto sia necessaria una collaborazione. Il circuito di contenitori deve rispondere ad una domanda più forte che oggi la città esprime e che parte dalla vivacità che può essere verificata facilmente. Servono luoghi che esprimano questa vivacità e che siano qualitativamente e quantitativamente adeguati».
Quanto invece alla scelta di un nuovo teatro, al dibattito sulla location nella quale costruirlo Adduce spiega: «non penso possa essere un problema nè faticheremo particolarmentead identificarlo. 
Piazza della Visitazione? E’ una delle ipotesi e mi pare una collocazione interessante ma non vorrei al momento spingermi troppo in avanti con queste ipotesi perchè credo sia importante confrontarsi sull’argomento».
Matera dovrà fare una serie di scelte e farlo anche in fretta in questo senso con la spinta che viene dall’ingresso della short list per la capitale della cultura. «Risposte che sono necessarie proprio perchè vengono chieste e ci costringono anche ad essere precisi nelle indicazioni e nelle scelte che su questi temi andremo a fare». Adduce però non vede il rischio che dopo la spinta forte della candidatura su questi temi, sulla cultura e sui suoi contenitori vi possa essere un’implosione: «non credo la cultura per noi è un’arma fondamentale. Ho trovato assoluta sintonia tra quanto detto nel libro sul Sud di Stella e Rizzo e il nostro dossier. Dove si dice che il destino del Mezzogiorno è utilizzare al meglio le proprie risorse ed invertire la rotta. E’ quanto abbiamo affermato anche noi nel dossier. Del resto la storia di Matera lo dimostra, non siamo città fantasma ma abbiamo recuperato il passato e il patrimonio dei Sassi». 
p.quarto@luedi.it

«Una soluzione verrà trovata entro due-tre mesi ma non vogliamo decidere in solitudine. E’ chiaro che il pubblico non può fare tutto da solo e dunque ci deve essere un’interazione anche in termini di programmazione sulla gestione con il privato». 

Salvatore Adduce lancia alcuni spunti interessanti alla discussione sui contenitori culturali, si dice «attento a quanto sta avvenendo e convinto che sia utile per la città approfondire queste tematiche» ma non si sbilancia assolutamente sul dibattito in corso tra coloro che vogliono un nuovo teatro e coloro che ritengono necessario intervenire e migliorare l’esistente. 

Adduce fa invece un’altra distinzione: «ciò che deve essere chiaro è la differenza tra il pubblico ed il privato. Non vorrei che ci fossero equivoci anche rispetto a fatti spiacevoli che sono avvenuti. Noi non abbiamo nessuna responsabilità sui privati, nè possiamo dire cosa fare ad un privato. Noi abbiamo la volontà di intervenire e migliorare le strutture pubbliche, penso all’auditorium su cui ci sono già dei fondi disponibili ed un progetto e penso anche ad altre aree pubbliche (anche se non direttamente del Comune), come ad esempio l’ex Ospedale di piazza San Giovanni. Laddove potremo interverremo. Per quanto riguarda il privato credo che si debba entrare nell’ordine di idee che ognuno deve provare a migliorare il proprio prodotto, se poi ci saranno in questo contesto economico delle proposte per un confronto con l’Amministrazione noi siamo aperti e pronti. Ma è bene distinguere ciò che tocca all’Amministrazione e ciò che tocca ai privati».

 Il sindaco sembra voler evitare che l’Amministrazione possa diventare una sorta di parafulmine di ciò che avviene in città. 

Ma il dibattito sui contenitori culturali resta più che necessario ed il punto è che non ci si può fermare solo all’intervento pubblico o solo alla scelta se riqualificare o creare una struttura ex novo ma bisogna pensare anche al dopo.Quanto  alla possibilità di una collaborazione Adduce pertanto chiarisce: «è chiaro che io sono convinto che l’idea giusta sui contenitori culturali è quella di mettere insieme pubblico e privato perchè serve un intervento sostanzialmente di programmazione che possa allargarsi alle necessità della città, alla necessità di un circuito di contenitori culturali, all’utilizzo di quei contenitori ed anche alla gestione che bisogna averne e che non può essere certo lasciata al pubblico.Ecco perchè sono convinto sia necessaria una collaborazione. Il circuito di contenitori deve rispondere ad una domanda più forte che oggi la città esprime e che parte dalla vivacità che può essere verificata facilmente. Servono luoghi che esprimano questa vivacità e che siano qualitativamente e quantitativamente adeguati».

Quanto invece alla scelta di un nuovo teatro, al dibattito sulla location nella quale costruirlo Adduce spiega: «non penso possa essere un problema nè faticheremo particolarmentead identificarlo. 

Piazza della Visitazione? E’ una delle ipotesi e mi pare una collocazione interessante ma non vorrei al momento spingermi troppo in avanti con queste ipotesi perchè credo sia importante confrontarsi sull’argomento».Matera dovrà fare una serie di scelte e farlo anche in fretta in questo senso con la spinta che viene dall’ingresso della short list per la capitale della cultura. 

«Risposte che sono necessarie proprio perchè vengono chieste e ci costringono anche ad essere precisi nelle indicazioni e nelle scelte che su questi temi andremo a fare». 

Adduce però non vede il rischio che dopo la spinta forte della candidatura su questi temi, sulla cultura e sui suoi contenitori vi possa essere un’implosione: «non credo la cultura per noi è un’arma fondamentale. Ho trovato assoluta sintonia tra quanto detto nel libro sul Sud di Stella e Rizzo e il nostro dossier. Dove si dice che il destino del Mezzogiorno è utilizzare al meglio le proprie risorse ed invertire la rotta. E’ quanto abbiamo affermato anche noi nel dossier. Del resto la storia di Matera lo dimostra, non siamo città fantasma ma abbiamo recuperato il passato e il patrimonio dei Sassi». 

 

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