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LAMEZIA TERME (CZ) – Beni per un valore di otto milioni di euro sono stati sequestrati dalla Direzione investigativa antimafia di Catanzaro al cinquantanovenne Francesco Cianflone, imprenditore edile tratto in arresto a maggio dello scorso anno, nell’ambito dell’operazione denominata “Piana”, per associazione a delinquere di stampo mafioso. La proposta di sequestro è stata avanzata dal direttore della Dia, Arturo De Felice, grazie alle indagini della sezione operativa di Catanzaro che hanno interessato un arco temporale compreso tra il 1996 ed il 2012.  

Il provvedimento di sequestro riguarda un’azienda agricola attiva ad Amato; capitale sociale ed intero compendio aziendale della “Costruzioni s.r.l.”, attiva ad Amato ed operante nel comparto edilizio; capitale sociale ed intero compendio aziendale della “Moviterra s.r.l.”, attiva a Lamezia Terme ed operante nel comparto edilizio; 15 immobili; 40 beni mobili registrati; 35 rapporti finanziari. L’operazione “Piana” aveva permesso alla Dia di ricostruire, anche grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia del clan Giampà di Lamezia Terme, la fitta rete dei interessi economici che hanno legato alcuni imprenditori agli ambienti della criminalità organizzata locale. Grazie a questi accordi era possibile sbaragliare eventuali concorrenti, con il clan Giampà che era riuscito, secondo la Dia, a penetrare il tessuto economico cittadino, estromettendo dal mercato tutte quelle realtà imprenditoriali sane, evidentemente indisponibili a scendere a compromessi con un regime monopolistico di chiaro stampo mafioso. 

Secondo l’inchiesta, Cianflone, insieme ad altri imprenditori ritenuti vicini alla cosca, avrebbe messo a disposizione del clan le proprie aziende, finite ora sotto sequestro. Lo scorso mese di gennaio, Cianflone era finito anche in una seconda inchiesta, “Ceralacca 2” che lo ha portato agli arresti domiciliari su ordinanza del tribunale di Reggio Calabria. La sezione misure di prevenzione del tribunale di Catanzaro, chiamata a valutare la richiesta formulata dalla Dia, ha evidenziato «un giudizio di pericolosità sociale qualificata, attesa la ritenuta appartenenza al sodalizio mafioso dei Giampà, il quale provvedeva ad assicurare alle imprese del Cianflone appalti o subappalti nella fornitura di calcestruzzo, con suddivisione degli introiti, ricevendo appoggi anche per scavalcare le regole della normale concorrenza di mercato». 

Nel provvedimento è stata anche rilevata «una evidente sproporzione tra redditi dichiarati dal nucleo familiare, considerato che, a fronte dei redditi dichiarati da Francesco Cianflone e dal coniuge, è stata accertata, da parte dello stesso nucleo familiare, la disponibilità di beni immobili, mobili e risorse finanziarie di rilevante valore economico, neppure giustificabili con l’esercizio delle attività economiche delle quali Cianflone e il coniuge risultano titolari».

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