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POTENZA – E’ ancora  ricoverata nel reparto di Cardiologia dell’ospedale  San Carlo  l’assistente capo della Polizia penitenziaria – L.M. –  che lunedì sera  è stata aggredita da una detenuta che – con l’aiuto di un’altra donna, anche ristretta nella casa circondariale di Potenza – ha tentato di strangolarla con dei lacci da scarpe.

Tutto è avvenuto intorno alle 18 quando le due detenute,  che si trovavano nella sala adibita alla socialità, hanno hanno afferrato con violenza l’assistente capo della Penitenziaria addetta alla vigilanza del reparto detentivo.

Una delle due l’avrebbe bloccata tenendole la bocca chiusa con una mano, mentre l’altra avrebbe tentato di soffocarla con dei lacci di scarpe.

Le detenute, entrambe napoletane, D.C.R.,  di anni 30, soprannominata “la mantide”  e condannata per omicidio, e G.Y.V., 27 anni, condannata per spaccio di stupefacenti adessano rischiano di rispondere di tentato di omicidio.

A denunciare il «tentato omicidio» sono stati l’Osapp, la Uilpa penitenziari, il Sappe e l’Uspp.

L’Osapp ha sottolineato che per la detenuta che ha aggredito l’agente «è stato più volte chiesto l’allontanamento per la sua indole violenta».

Secondo la Uilpa: «Quanto accaduto è gravissimo e soprattutto l’amministrazione non può adesso sottrarsi alla sue responsabilità, visto che la detenuta era stata protagonista di notevoli eventi e minacce nei confronti del personale». Mentre il Sappe ha evidenziato che il personale della Polizia penitenziaria opera «per tamponare le inefficienze che riguardano la sicurezza di un sistema del tutto fallimentare, mentre l’amministrazione non risce a dare risposte gestionali efficaci».

Quello di lunedì sera è il quarto episodio di violenza a distanza di pochissimi mesi, evidenziano il segretario regionale e provinciale del Sappe (Sindacato autonomo Polizia penitenziaria) Saverio Brienza e Antonio Benemia.

I due sindacalisti parlano di una «spiacevolissima vicenda “annunciata” in quanto le detenute sono state già attenzionate da numerose segnalazioni conseguenti ad episodi comportamentali molto discutibili, senza che l’amministrazione penitenziaria abbia preso gli opportuni provvedimenti». 

«Mi sono vista morire…» Sono le parole attribuite da Brienza e Benemia alla poliziotta aggredita. «Non potevo non reagire, altrimenti a quest’ora non avrei potuto raccontare come veramente è accaduto tutto ciò, le detenute erano fermamente intenzionate ad uccidermi e solo la forza di vivere e di vedere i miei figli sono riuscita a liberarmi».

Di «un’amministrazione totalmente assente» parla anche Donato Sabia, segretario regionale aggiunto della Uilpa penitenziari.

Durissimo anche Vito Messina dell’Uspp (ex Ugl), per cui da alcuni giorni «era tangibile  una situazione di pericolo che si avvertiva non solo nel reparto maschile ma ultimamente si era spostata nel settore femminile».

«Il nostro grido di allarme come al solito non è stato ascoltato, non solo dall’amministrazione locale ma anche ad altri livelli». Continua Messina. «E’ da tempo che chiediamo noi della Uspp, già Ugl polizia penitenziaria, il cambio di rotta, solo cambiando i vertici forse ci sarà più serenità lavorativa, continua il sindacalista,  nessuno si chiede come mai gli eventi critici si registrano solo nella struttura penitenziaria di Potenza e a Matera e Melfi si lavora con più serenità?»

Messina annuncia che per questo il suo sindacato ha deciso di scendere in piazza ancora una volta il prossimo 29 dicembre.

Brienza ricorda, invece, di aver «chiesto più volte che nella sezione detentiva non fosse soltanto una poliziotta a montare per ogni turno ma che fossero almeno due». In più lamenta che la sezione femminile del carcere di Potenza è accessibile solo attraverso l’apertura interna, per questo durante l’aggressione «il personale che voleva soccorrere l’assistente capo in difficoltà non riusciva ad accedervi in quanto non era disponibile una seconda chiave». 

Dopo essere riuscita a liberarsi l’agente aggredita è stata trasportata all’Ospedale San Carlo di Potenza in forte stato di agitazione, con un evidente «solco da laccio per tentativo di soffocamento». 

l.amato@luedi.it

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