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MILANO – «Francesco Morelli per me era un amico che si era sempre atteggiato a nemico della criminalità. Quando venne arrestato per me fu un trauma». Lo ha affermato fuori dall’aula del processo ad alcuni esponenti dei clan Valle-Lampada e all’ex consigliere regionale calabrese Francesco Morelli, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, chiamato oggi a testimoniare davanti ai giudici dell’ottava sezione penale del Tribunale di Milano. Ad Alemanno il pm Paolo Storari e alcuni avvocati hanno posto delle domande proprio sui suoi rapporti con Morelli e, in particolare, su una festa elettorale durante la quale il primo cittadino avrebbe conosciuto il presunto boss Giulio Lampada. 

«Era una serata di campagna elettorale – ha spiegato Alemanno – in cui Morelli mi portò a una festa dove mi disse che c’erano i suoi amici calabresi e mi parlò di giovani imprenditori emergenti. Se Lampada è il giovane che ricordo, Morelli me lo presentò sottolineando che era una persona brillante ed emergente». La festa si svolse al Cafè de Paris nella capitale. «A quella festa c’erano grosso modo 300 persone… La comunità regionale dei calabresi è la più grande a Roma». Alemanno si è soffermato sulla storia politica di Morelli che conobbe nel 1992 e al quale era legato da «un rapporto di amicizia sviluppato nel tempo». Alemanno ha ricostruito il momento in cui Morelli decise di candidarsi in Calabria e quando intervenne per caldeggiare la nomina dell’amico ad assessore col presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti. Fu proprio quest’ultimo, sempre stando al racconto del primo cittadino, ad avvertire Alemanno che «gli erano giunte voci su una possibile vicinanza di Morelli con ambienti malavitosi». 

«Di fronte a questa obiezione – ha detto Alemanno – io mi sono fermato, ho congelato i rapporti con Morelli e chiesi informazioni a un ex ufficiale dell’Arma che mi tranquillizzò e disse che non gli risultava nulla. Ne parlai anche con lo stesso Morelli – ha aggiunto il sindaco – il quale si offese e reagì in modo molto aspro e violento, e mi fece vedere un certificato penale da cui non risultavano pendenze a suo carico».

 

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