X
<
>

Condividi:
3 minuti per la lettura

POTENZA – Duecento milioni di euro in meno. Su un Piano che già da anni fa discutere per la precarietà dei finanziamenti. Su una materia – la gestione delle risorse idriche – che fa la differenza, di solito, fra un Paese civile e un Paese arretrato. Per il futuro della Basilicata, una tragedia in potenza. Perché non si traduca in atto bisognerebbe allontanare il taglio paventato che la manovra finanziaria pare prevedere. Il governo si appresta a varare una manovra che prevede duecento milioni di euro per la realizzazione degli schemi idrici della Basilicata. Di questi schemi si parla da decenni, da quando la parola “infrastruttura” aveva un significato: strade, ferrovie, stazioni, reti elettriche e, appunto, acquedotti e dighe. Già Alcide De Gasperi si era posto il problema di avere un’Italia non solo unita con il cuore ma anche omogenea nella sua ossatura. Poi gli anni sono passati, i lavori si sono fatti, condotte idriche e invasi sono nati e cresciuti, ma in maniera spesso slegata. Poi, il secondo governo guidato da Silvio Berlusconi vara la legge 443 del 2001. Per tutti è la “Legge Obiettivo”. Lo strumento pone le basi per il Programma delle Infrastrutture Strategiche, che prevede una serie di grandi opere fra il 2002 e il 2013. Il Cipe, ossia il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, è l’organismo naturale di raccordo fra i diversi dicasteri – in particolare le Infrastrutture e il Tesoro, ma anche altri – chiamati a partecipare al piano, dunque a erogare i miliardi di euro necessari. Per buona parte, il programma è ancora, se non proprio un libro dei sogni, ancora di là dall’essere realizzato. Peraltro, dall’impianto originario sono sbocciati innumerevoli progetti complementari, facendo lievitare le spese di previsione in maniera esponenziale. L’anno scorso, il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti ha pubblicato l’ottavo volume di verifica di ciò che è stato fatto e ciò che ancora deve vedere la luce. Lo stesso ministro Altero Matteoli ha ammesso: «In più occasioni sono state sollevate critiche sulla espansione programmatica del Piano delle Infrastrutture Strategiche, una critica sollevata già nel 2001 all’atto dell’approvazione di tale strumento da parte del Cipe; tuttavia, nei fatti dal 2001 ad oggi il perimetro dei progetti realmente approvati dal Cipe è stato caratterizzato da opere che sono difendibili per quanto concerne la rilevanza strategica. In realtà la esplosione documentale è avvenuta più sul fronte dei progetti inoltrati e, soprattutto, sulla deformazione interpretativa delle finalità di alcune ipotesi programmatiche». Insomma, una rete di piani, preventivi, progetti, veri e propri atlanti di mappe e sottomappe, enciclopedie di elaborati e atti aggiuntivi che rendono la materia un mondo in cui è difficile orientarsi. Gli schemi idrici della Basilicata – dei quali esistono dei pezzi, ma che vanno completati – molti progetti sono in fase di collaudo, di affidamento, di lavori in corso. Togliere adesso 200 milioni di euro vorrebbe dire – a parte colpire le finanze di alcune realtà come l’Ente Irrigazione e il Consorzio di Bonifica di Bradano e Metaponto, soggetti aggiudicatori dei lavori, con tutto ciò che potrebbe comportare per i lavoratori – anche bloccare la completa infrastrutturazione della Basilicata.

di Antonella Giacummo

https://www.facebook.com/pages/Il-Quotidiano-della-Basilicata/1441588122861160099ff]4|14]Visita la nostra pagina Facebook

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE