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ARRIVA il ragazzo. Lo chiamano così, non per disprezzo ma per quell’apatico snobismo di chi ne ha visti passare molti. A Napoli capitale e a Reggio, dove finisce l’Italia, a Palermo dove c’e un’altra Italia, la politica della generazione di mezzo – quella, ad esempio, alla quale appartiene il governatore della Basilicata ma anche l’ex e buona parte della classe dirigente lucana – renziani o non renziani parlano del premier con lo stesso entusiasmo di quel generale di Tolstoj che sonnecchiava mentre gli altri si affaticavano a studiare strategie sulle mappe dell’assedio. Questa generazione di mezzo – alla quale appartengo anch’io – é in realtà la generazione infedele. Nata quando la vita prospettava progresso e felicita cresciuta con l’aspettativa di una compiutezza dissolta. E siamo diventati infedeli nel rimpianto, cercando quello che non sarebbe più arrivato, ogni volta illusi e persi, come davanti a una slot machine. Infedeli, come non lo erano stati i nostri padri e le nostre madri, sopravvissuti all’orrore e costruttori di felicita progressiva. Cosa volete che possiamo provare davanti a Renzi? Lo stesso entusiasmo di chi si infila meccanicamente in un talamo con lenzuola usate.

 Poi c’è da dire che il premier salta sistematicamente la Basilicata nei suoi viaggi a Sud. Eppure qui hanno versato sangue per lui (o per se stessi, secondo i punti di vista).  Le riforme in atto (ecco non dimentichiamoci che il ragazzo sta cambiando la Costituzione col vegliardo condannato, cadendo sulla grammatica delle norme ma ben fiero di inequivocabili assiomi come il principio di supremazia) ci riguardano da vicino. Gas e petrolio sono (saranno presto) nelle mani dello Stato. Così i comitatini lucani nulla potranno.  In realtà che sia lo Stato a riappropriarsi di poteri non e’ per principio un male. E sui comitatini, spesso ostativi a prescindere, Renzi non ha tutti i torti. Pero’ una parola di spiegazione sulle riforme in atto che riguardano direttamente la Basilicata, una sosta da queste parti, nel simbolismo che illude, ecco anche nella retorica di un rapporto che finirà all’alba, non sarebbe stato male. Niente. La generazione di mezzo, quella che non sta con i comitatini e neppure si accorge del passaggio a Sud del premier, continua a masticare il suo tormento. Creo’ piu’ attese il passaggio di Zanardelli.   Erano, appunto, gli anni in cui ci si poteva amare. Gli anni della fedeltà. Renzi si impone con la sua autorità proprio quando sembrava che la democrazia fosse diventata di tutti. Lui, figlio dell’ubiquità digitale, d’un tratto diventato divoratore del dissenso.

 Eppure questa piccola e un po’ storta Basilicata, se non ha il rossetto rouge della Campania e la cintura di castità dell’impenetrabile Calabria (nel senso che e’ enigmatica e complessa) la sua fatica la fa.  I dati ai quali prestiamo sempre meno attenzione (ce ne sono troppi) dicono che, pur nella pessima performance complessiva italiana, la Basilicata e’ quella che spende meglio i fondi europei. I dati si riferiscono alla legislatura precedente e dunque merito del governo De Filippo.   Il cammino di Pittella non e’ per nulla semplice. Pur appartenendo alla generazione di mezzo ha il dovere di motivare le truppe. Se Renzi salta la Basilicata non la può saltare lui. Ne’ la possono saltare deputati e senatori lucani i quali non si è capito (pubblicamente) come coniugano, per esempio in tema di energia,  il voto sulle riforme al Senato e la territorialità della loro Itaca. Non possiamo alzare i muri dell’autarchia lucana. Quello che un tempo si decideva a Roma oggi si decide a Bruxelles e forse neppure al parlamento ma nei mercati finanziari. E il puntino del mondo che si chiama Basilicata non e’ fuori dal tutto. Pero’ una cosa possiamo chiederla al governatore e a tutta la generazione di mezzo (con i figli politici di quella generazione), a quelli cioè che hanno conosciuto la felicita di un’alba poi imbrunita, a loro possiamo chiedere di lasciarci almeno l’eau di parfum dell’ultimo amore guardato con sospetto.   Una traccia del passaggio, per computare cinicamente e con tormento le disfatte ma anche per dare un senso alla vita. Anche a una vita da infedele. Che poi e’ la peggior condanna.

Beh, buon viaggio presidente e buon ferragosto amici lucani. Domani i giornali sono chiusi. Speriamo di mancarvi un po’. Ma nel week end si lavora. Ricordatevelo, ovunque siate.  La porta e’ sempre aperta.

l.serino@luedi.it

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