X
<
>

Operazione congiunta di carabinieri e guardia di finanza

Condividi:
3 minuti per la lettura

UNA vasta operazione contro la ‘ndrangheta è stata portata in termine in Veneto, dove i carabinieri di Padova e la guardia di finanza di Venezia hanno eseguito 33 misure di custodia cautelare. Il blitz è coordinato dalla Procura distrettuale antimafia di Venezia. Appena ieri era toccato alla Lombardia, con 19 arresti tra i clan di ‘ndrangheta (LEGGI).

Gli indagati del’operazione in Veneto sarebbero legati alla cosca Grande Aracri del Crotonese e sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata al riciclaggio, usura, sequestro di persona, estorsione e emissione di fatture inesistenti. Provvedimenti sono stati notificati anche nel Crotonese, con cinque persone coinvolte: due in carcere, due ai domiciliari e due con obbligo di firma.

L’operazione coinvolge più regioni italiane. Carabinieri e guardia di finanza hanno eseguito una cinquantina di perquisizioni, fra Treviso, Vicenza, Padova, Belluno, Rovigo, Belluno, Reggio Emilia, Parma, Milano e Crotone. Le indagini, partite alla fine del 2015, sono relative alle infiltrazioni nel tessuto economico portate avanti in questi anni dalla criminalità legata al clan dei cutresi. Sono stati eseguiti anche numerosi sequestri, per un valore di 10 milioni di euro.

I reati principali contestati sono l’associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, violenza, usura, sequestro di persona, riciclaggio, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. L’inchiesta, battezzata “Camaleonte”, è frutto di una indagine congiunta di Guardia di Finanza e Carabinieri, coordinata dalla Pm Paola Tonini della Procura distrettuale di Venezia; le ordinanze di custodia sono state firmate dal Gip Gilberto Stignano.

Nella rete delle forze dell’ordine sono finite 13 persone agli arresti e 14 ai domiciliari. Altre sei hanno l’obbligo di firma, mentre per altri sei è scattato l’obbligo di non esercitare impresa per 12 mesi. Tutto faceva capo al clan Grande Aracri di Cutro, in provincia di Crotone.

In un contesto in cui non si è disdegnata l’uso della violenza nei confronti di diversi imprenditori, gli uomini legati alla cosca acquisivano territorio e aziende per riciclare e sviluppare attività illecite. I carabinieri di Padova, con puntuali attività di osservazione e ascolto delle conversazioni hanno portato alla luce diversi episodi qualificabili come di attività estorsiva e usuraia, con tassi di interesse fino ad oltre il 300%, in danno di imprenditori locali, nonché sono state riscontrate varie operazioni di riciclaggio di ingenti somme di denaro provenienti dalle attività illecite della cosca calabrese, realizzate attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti sfruttando anche con la complicità di imprenditori veneti.

Secondo il Procuratore di Venezia Bruno Cherchi, «in Veneto non si può più parlare di infiltrazioni delle mafie ma di una presenza, una realtà che però è controllabile grazie al solido tessuto sociale».

Secondo Cherchi, alla luce delle ultime inchieste che hanno portato oltre 100 arresti in Veneto per criminalità organizzata «non si può più parlare di presenze a livello locale ma di un quadro di riferimento con struttura regionale». Un riferimento che oltre alle organizzazioni malavitose calabresi comprende anche mafie, come la camorra, oggetto dell’inchiesta portata a termine il mese scorso nel veneziano. Di contro, per Cherchi «c’è la sostanziale forza del territorio, sia sul fronte amministrativo che imprenditoriale, che offre stimoli per controllare il fenomeno».

«Le ultime attività di rilievo – ha aggiunto – dimostrano la capacità di reagire ad una attività mafiosa, nelle varie declinazioni, che può essere contrastata».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE