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REGGIO CALABRIA – Reggio finisce in una nuova bufera dettata, questa volta, dal rilascio di cittadinanze italiane ad atleti di Serie A, calcio a 5 e pallavolo. Anche la città dello stretto, infatti, sarebbe coinvolta nel giro scoperto dai Carabinieri di Fermo che registra la presenza di certificati di cittadinanza italiana la cui legittimità viene messa in discussione. Quindi, sono una ventina le posizioni di calciatori di serie A e calcio a cinque, e di pallavoliste in forza a squadre minori di volley finite sotto la lente dei carabinieri della Compagnia di Fermo. Un’inchiesta che finora vede iscritte nel registro degli indagati 34 persone, fra procuratori sportivi e intermediari, amministratori e funzionari comunali. I Carabinieri stanno facendo controlli incrociati sulla cittadinanza ottenuta da decine di stranieri, per lo più sudamericani, attraverso il riconoscimento dello iure sanguinis: una procedura che consente ai figli di italiani all’estero il riconoscimento della cittadinanza italiana. Il raggiro si articolerebbe in una triangolazione fra le città di Fermo, Latina e Reggio Calabria, dove in passato sono stati scoperti illeciti della stessa natura. Fra gli atleti brasiliani e argentini che hanno ottenuto cittadinanze ‘sospette’ figurerebbero anche ragazzi di 18, 19 e 20 anni, appartenenti a club nazionali di calcio a cinque.   Due, secondo gli investigatori, i personaggi che dal Fermano che tenevano le fila dell’organizzazione per delinquere e si occupavano della formalizzazione delle pratiche, potendo contare sulla connivenza di un funzionario dell’Ufficio anagrafe del Comune di Fermo, finito sotto inchiesta e sollevato dall’incarico. Il suo difensore, l’avv. Massimo Ortenzi, dice che dalla procura non è arrivata «alcuna comunicazione sulla conclusione delle indagini. Siamo fermi allo scorso gennaio, quando poi il mio assistito è stato interrogato dai carabinieri. Nel frattempo è stato rimosso dall’ufficio anagrafe, ma in attesa della fase processuale continua a lavorare in Comune, in un altro settore». L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore capo Andrea Vardaro, ora però trasferito a Roma. Ha mosso i primi passi nel 2011, dopo una verifica della Polizia municipale su un documento di d’identità di un imprenditore locale intestato ad un rumeno ma stampato su carta originale e mai registrato. Del caso si era occupata anche la procura distrettuale antimafia di Ancona, poi il fascicolo è tornato alla procura di Fermo.

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