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POTENZA – Il trasporto sarebbe stato organizzato in fretta e in furia a causa dell’«ennesima» fuga di radiazioni dall’impianto di Rotondella. E’ il sospetto esternato da Nicola Piccenna, il giornalista autore dello scoop sul trasporto di materiale radioattivo. Arpa Puglia, per il suo territorio di competenza rassicura, ma i dati dei colleghi della Basilicata saranno pronti soltanto oggi. Mentre da Roma il senatore Vito Petrocelli (M5S) se la prende proprio con Piccenna, accusandolo di aver saputo dell’operazione da diversi giorni restando in silenzio proprio come ha fatto la Sogin.

Prima ancora delle comunicazioni ufficiali del Governo sull’accaduto sono già tanti quelli che non credono alle versioni ufficiali su quanto accaduto martedì mattina. A partire dai testimoni oculari che hanno ripreso il viaggio da Rotondella a Gioia del Colle del container con il «i materiali nucleari sensibili di origine americana», di cui martedì sera ha parlato la Sogin, «custoditi in appositi siti sul territorio nazionale per attività di ricerca e di sperimentazione», e rientrati negli Stati Uniti nell’ambito di un programma per la prevenzione globale del rischio nucleare.

Sul suo sito internet “toghelucane.blogspot.com” era da almeno metà luglio che Piccenna interrogava il sottosegretario all’Interno Filippo Bubbico chiedendogli conto dello stato di conservazione dell’Uranio-Torio “disciolto” presente nell’impianto di Rotondella. Con la preghiera di informare i suoi cittadini «magari prima del 29 luglio prossimo». Proprio il giorno in cui è scattata l’operazione tenuta all’oscuro di sindaci, Regione e chissà quanti altri. Lunga e complessa la storia tra il sottosegretario e il giornalista, finita in Tribunale proprio per un articolo in cui l’ex presidente della Regione veniva accusato di aver approvato il progetto del Governo di un deposito unico delle scorie nucleari da realizzare in Basilicata, poco distante dall’Itrec di Rotondella. Ma la risposta di Bubbico non è arrivata, alché Piccenna il giorno dopo il trasporto “top secret” si è rimesso ad alcune misurazioni sulla radioattività che di qui a «tre mesi» dovrebbero esaurire le questioni sul tavolo. Perché «tre mesi» non lo spiega, chissà che non siano già in corso i preparativi per un’altra spedizione.

Infatti per i primi dati sulla contaminazione nucleare del territorio lucano interessato dall’operazione di espatrio dell’uranio custodito per 40 anni nell’impianto ex Enea basterà attendere questo pomeriggio. Entro sera è previsto che l’Arpab comunichi i risultati delle rilevazioni effettuate nella giornata di ieri. Mentre i colleghi pugliesi lo hanno fatto con 24 ore di anticipo. «Gli accertamenti effettuati, nei punti sopra indicati con Contaminametro Beta/Gamma Berthold LB-122 e Rateometro 6150Ad6 munito di sonda Telector 6150ADt, hanno evidenziato valori radiometrici sovrapponibili a quelli del fondo pertanto non è stata rilevata alcuna criticità né risultano rischi per la popolazione». Una buona notizia insomma. Aspettando che i colleghi dei laboratori materani facciano la loro parte.

Nel frattempo, però, è tornato a intervenire sul caso il senatore 5 Stelle Vito Petrocelli, che tra gli altri ha deciso di prendersela proprio con Piccenna. «A dimostrazione di come l’Italia non sia più un Paese normale – scrive Petrocelli – è anche inaccettabile che, chi ha permesso con la sua azione di venire a conoscenza del trasporto radioattivo, si sia poi mosso con la stessa poca trasparenza della Sogin, del Governo italiano e del Governo americano, tenendo per sé tempi e modi dell’operazione, evidentemente nota a pochi già da alcuni giorni. Lo scoop può darsi che renda qualche spicciolo o un po’ di notorietà, ma di sicuro ha fatto perdere un’occasione di crescita a tutti noi, con il coinvolgimento popolare e democratico dei cittadini».

Di più il senatore chiede a nome del Movimento «che vengano resi pubblici i dati contenuti nelle due centraline di controllo presenti al centro Itrec e chiede ufficialmente che venga verificato da Ispra e Arpab se l’operazione non ci sia anche costata una contaminazione del territorio. Questa richiesta – aggiunge – avrebbe dovuto farla immediatamente il governatore dimissionario, Vito de Filippo, schiaffeggiato dalle istituzioni, insieme al suo collega Niki Vendola, visto che neanche loro, al pari dei sindaci, sono stati avvertiti dell’operazione radioattiva (…) Quanto accaduto l’altra notte, all’insaputa di due intere popolazioni, dei propri sindaci, dei governatori, dei rappresentanti in Parlamento e degli organi di stampa, è la prova provata che in Italia non si vive in una democrazia compiuta. Il nostro è un sistema condizionato dagli interessi commerciali di poche lobby economico-militari e dagli interessi politici di quei quattro partiti che hanno occupato lo Stato. Quattro partiti che, per via del consenso che quotidianamente perdono, sono sempre più politicamente deboli e politicamente ricattabili, non solo dalle lobby con le quali oramai sono un tutt’uno, ma anche dalle altre nazioni, le quali possono permettersi il lusso, come fanno gli americani, di lasciarci le loro scorie (le barre di Elk River) e di prendersi, molto probabilmente, del combustibile nucleare (utile commercialmente o militarmente), trasportandolo negli Usa addirittura in aereo».

l.amato@luedi.it

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