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REGGIO CALABRIA – Dall’Italia all’Iraq, con il “sogno” di entrare a combattere nelle file dello Stato islamico. E’ questa la storia di un connazionale che dall’estate scorsa è in carcere in Kurdistan. «Una storia strana», l’ha definita il presidente della regione autonoma irachena, Massud Barzani, in un’intervista al quotidiano panarabo al Hayat, sottolineando che l’uomo è arrivato con un visto regolare dalla Turchia dichiarando apertamente alle guardie di frontiera di voler diventare un jihadista.

E’ la storia di Giampiero Filangieri, trentacinquenne nato a Reggio Calabria e cresciuto a Bologna

Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni si è limitato a confermare oggi che un connazionale è stato «arrestato a luglio scorso nella zona di Erbil» ed è «detenuto dal dipartimento antiterrorismo della regione autonoma curda». Da parte sua, l’ambasciatore a Baghdad, Massimo Marotti, ha detto all’ANSA che le autorità diplomatiche sono state informate in settembre dell’arresto di un italiano e che da allora «gli viene fornita assistenza consolare». Marotti ha aggiunto di non avere ancora ricevuto dalle autorità locali alcun atto in cui vengano precisate le accuse rivolte all’arrestato. 

I familiari lo hanno difeso definendolo soltanto “un ragazzo problematico e facilmente plagiabile” e anche le modalità del suo arresto, che sarebbe avvenuto dopo che lui stesso aveva dichiarato alle autorità curde di volersi unire ai miliziani jihadisti, sembrerebbero confermarlo.

Secondo quanto si apprende, è a Bologna che Giampiero si converte all’Islam, si avvicina a circoli integralisti contigui al terrorismo e crea una rete di contatti. Dopo un periodo in Spagna (viene segnalato a Granada), transita dal buco nero della Turchia per provare ad arrivare nei territori del Califfato. Alcune comunicazioni via whatsapp con altri convertiti italiani sembrano inequivocabili: «È iniziata la mia lotta contro l’Occidente predone». «Islam libertà per i popoli oppressi». «Lottiamo fino alla fine per liberare le terre schiacciate dalla violenza occidentale». 

La Calabria era già stata al centro degli allarmi antiterroristici a causa della presenza della moschea di Sellia Marina, segnalata tra le sedi più a rischio infiltrazione (LEGGI). In una intervista al Quotidiano, l’imam aveva però negato ogni collegamento con frange estremiste (LEGGI E GUARDA IL VIDEO E LE FOTO).

 

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