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PLATI’ (RC) – I carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, il ROS e lo squadrone eliportato Cacciatori di Calabria, hanno catturato a Casignana, piccolo comune della locride, il latitante Rocco Trimboli detto “Piseia”, inserito nell’elenco dei latitanti pericolosi e ricercato dal maggio 2010. A suo carico due ordini di carcerazione emessi dal Tribunale di Torino, uno per traffico di droga e l’altro per associazione di tipo mafioso. Nei confronti di Rocco Trimboli, 45 anni, di Platì (Reggio Calabria), i carabinieri hanno eseguito due diversi provvedimenti. Il primo è un’ordine di carcerazione emesso dalla Procura Generale di Torino nel 2010, che fa riferimento all’operazione Riace, per la quale Trimboli deve scontare un residuo di pena di 11 anni, un mese e 8 giorni di reclusione, in quanto condannato in via definitiva per associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti. Il secondo provvedimento è una ordinanza di custodia cautelare in carcereemessa dal gip del Tribunale di Torino nel maggio 2011, in quanto ritenuto responsabile di associazione di tipo mafioso. Il riferimento, in questo caso, è all’operazione Minotauro condotta dal Comando Provinciale Carabinieri di Torino. 

«Rocco Trimboli – ha affermato il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Nicola Gratteri – durante la latitanza, continuava a gestire gli affari della sua cosca nel Nord Italia, ed in particolare in Piemonte, dalla Locride, da dove non si muoveva per non perdere la sua leadership». Trimboli è stato in passato il braccio destro del boss Pasquale Marando, di Platì, che ha gestito i traffici internazionali di cocaina e vittima di lupara bianca nel 2001.   Secondo Gratteri, «dall’operazione Minotauro della Dda di Torino è emerso che Trimboli aveva il compito di fare la spola tra il Piemonte e la Calabria per dirigere l’attività delle cosche della ‘ndrangheta che si trovano nel nord’’.   Trimboli è stato sorpreso in un’abitazione di Casignana nascosta in un dedalo di vicoli. «Per individuare il suo nascondiglio – ha spiegato il capitano Angeloantonio, del Ros – è stato necessario effettuare una ventina di perquisizioni. Sul letto del latitante sono stati individuati alcuni frammenti di ‘pizzini’, che si sta cercando di ricostruire, un computer e alcuni telefoni cellulari».

Nel dettaglio Rocco Trimboli è considerato il capo dell’omonima cosca della ‘ndrangheta. La scalata ai vertici del clan, secondo gli inquirenti, è da fare risalire ai primi anni ’90, quando nel gruppo Marando-Trimboli, facente capo a Pasquale Marando Trimboli era già un personaggio di spessore inquanto luogotenente del boss a cui era delegato un ruolo attivo nel traffico internazionale di stupefacenti, tra la Locride e la provincia di Torino. Tra la fine degli anni ’90 e gli inizi del 2000, con la scomparsa del fratello Antonio Giuseppe e di Pasquale Marando, entrambi vittime di lupara bianca, e di altri appartenenti alla «famiglia», Rocco Trimboli, all’epoca latitante nell’ambito dell’indagine Riace, divenne, di fatto, il capo dell’omonima ‘ndrina, rientrando stabilmente a Platì per curare gli affari dell’organizzazione. E sulle montagne di Platì, il data 10 ottobre 2001 fu localizzato ed arrestato da personale del Ros, dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria e dal Gruppo di Locri, mentre si trovava in compagnia di un altro latitante, Pasquale Barbaro, 51 anni, detto «Testa di Muschitta», appartenente alla ‘ndrina dei Castani e cognato di Giuseppe Pelle detto Gambazza). Con loro finirono in carcere altri 8 affiliati, tutti sorpresi durante un summit di ‘ndrangheta. Nel 2003, dopo essere stato scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare, avvalendosi della collaborazione dei fratelli Saverio (già latitante inserito nell’elenco dei 100) e Natale (tuttora latitante) ed in virtù del suo rilevante ruolo in seno alla ‘ndrangheta del paese di origine, avrebbe continuato a rappresentare un irrinunciabile punto di riferimento per le ‘ndrine piemontesi e lombarde. Il suo contributo costante allo sviluppo dell’organizzazione mafiosa in Piemonte è stato, infatti, alla base del provvedimento restrittivo scaturito dall’operazione «Minotauro», condotta dai Carabinieri in Piemonte nel giugno del 2011 con l’arresto di 150 indagati, ritenuti appartenenti alla ‘ndrangheta. In Piemonte, Trimboli continuava a recarsi prima del successivo stato di latitanza, per partecipare a riti di affiliazione di nuove leve ‘ndranghetiste, organizzate al Nord ma sempre decise dai vertici del «locale» di Platì, tra cui Trimboli. Tra il 2009 ed il 2010, l’Arma, sotto il coordinamento della Procura Distrettuale di Reggio Calabria, ha individuato e sequestrato ben 10 bunker risultati nella disponibilità di soggetti legati o appartenenti alla ‘ndrina capeggiata da Trimboli. 

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