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POTENZA – Ha cercato di baciarla quando aveva ancora 17 anni, stringendola «contro un muro» e infilandole «la mano nello slip». Per questo Gabriele Cella, 46enne pregiudicato di Muro Lucano, dovrà scontare 6 anni di reclusione.
Così ha deciso ieri mattina il collegio presieduto da Aldo Gubitosi.
I fatti risalgono a giugno del 2005, quando secondo l’accusa Cella avrebbe raggiunto la sua “preda” sotto casa, in una contrada di Muro Lucano. Lì l’avrebbe costretta a scendere per incontrarlo «chiamandola con insistenza» sul cellulare. Poi l’avrebbe abbracciata «con la forza» e immobilizzata contro un muro senza troppa difficoltà, grazie al notevole divario fisico, dicendole che voleva avere un rapporto sessuale con lei.
«In stato di eccitazione sessuale – recita il capo d’imputazione nei suoi confronti – la costringeva con violenza a subire atti sessuali consistiti nello stringersi a lei con il suo corpo nel toccarla nelle parti intime dopo aver infilato la mano nello slip della vittima dicendole “che bella **** che hai”, nel tentare di baciarla sulla bocca, contro la volontà e nonostante i tentativi della vittima di divincolarsi».
Sentiti i testi d’accusa e difesa la procura aveva concluso chiedendo una condanna a soli 2 anni in considerazione della «lieve entità» del fatto. Ma il collegio è stato di diverso avviso, triplicando l’entità della pena e delle sanzioni accessorie.
«Faremo certamente appello contro questa sentenza». Ha commentato l’avvocato di Cella, Luigi Angelucci.
«Le accuse si basano esclusivamente sulle dichiarazioni della presunta parte offesa, su cui già si era espresso il gip, respingendo una richiesta di misure cautelari nei confronti del mio assistito. Inoltre nei tabulati non c’è traccia delle telefonate di cui ha parlato la ragazza».
La vicenda, nel 2005, aveva scosso non poco il paese di Muro Lucano. Infatti, subito dopo la denuncia, era partita una segnalazione ai servizi sociali che ha portato all’affidamento della vittima a una struttura protetta.
Gli psicologi avevano descritto uno scenario di degrado a livello familiare, che prima ancora dell’incontro con Cella l’avrebbe portata a intrecciare relazioni con diversi adulti, «del paese e non», talvolta anche assuntori di sostanze stupefacenti o di dubbia fama.
Cella era imputato anche di molestie per le «continue telefonate sgradite in cui le chiedeva più volte di andare con lui in zone appartate del paese, nonostante il costante rifiuto della giovane». In più l’avrebbe minacciata «con frasi del seguente tenore: “non sei venuta, adesso ti faccio vedere io”, “io ti faccio una passata di botte a te ed al tuo ragazzo”. Ma per queste accuse il collegio ha emesso una sentenza di assoluzione per prescrizione.

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