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Questa volta Gaetano Cappelli ci accoglie davanti a un buon bicchiere ovviamente di Aglianico, ma al Ristorante Panorama di Caggiano, davanti allo strepitoso “panorama” (appunto) degli Alburni.

La stessa veduta che si gode dalla Taverna di Gordon che fa da location principale del  suo nuovo romanzo “Stelle, Starlet e adorabili frattaglie”, pubblicato qualche giorno fa da Mondadori nella collana Madeleines?

Sissì… che è poi la veduta che è stata lo sfondo degli anni della mia adolescenza, quando venivo qui, a Caggiano, con la mia famiglia a passare le estati senza fine d’una volta… e basta una canzone a rievocarle, quelle stagioni lontane. Ma anche, come ci ricorda Proust con le sue madeleines,  un sapore, tipo quello dei piatti che prepara, proprio al Panorama, mio cugino Tommaso Morone, uno chef  che pur non rinunciando alla ricerca rimane nell’alveo della tradizione.

Un po’ come Adelchi, il cuoco protagonista del romanzo che dopo aver studiato con i migliori chef in circolazione, poi scopre le vecchie ricette della nonna che cucinava nientemeno che per i Borbone e…

 … e decide che è quella, con le dovute innovazioni,  la cucina che vuole fare. Una cucina che, con certo divertimento,  ho chiamato “neo-arcaica”; e la cosa ha molto incuriosito i food-blogger d’Italia. Perché, adesso ditemi voi, ma si può continuare a farsi propinare cose tipo: l’insalata di banana in acqua ghiacciata al mojito o i marshmallows al parmigiano?

 Certo che lei ha una bella fantasia!

Nonnò, guardi che questi piatti esistono sul serio. E vengono serviti in quei ristoranti stellati in cui assai spesso l’unica cosa di stellare che ti presentano è… il conto. E la faccenda più incredibile è che, in giro, c’è ancora un sacco di gente che dopo essersi ingollata ‘ste schifezze se ne esce impettita e convinta d’aver fatto “una grande esperienza sensoriale” ahahah

Lei dunque pensa che tutti i cuochi stellati siano un bluff?

Mannò, ce ne sono di bravissimi. Ennoi ne abbiamo appena perso uno: il grande Frank Rizzuti! Mi ha molto addolorato la sua fine prematura. E proprio adesso, a pochi mesi dalla sua stella Michelin. Tra l’altro, in coda al romanzo ci sono tre delle sue meravigliose ricette. Purtroppo, penso non abbia fatto nemmeno in tempo a vederlo, il libro. Era assai contento di questa cosa e io con lui…

Certo, è molto triste. Se si pensa poi a tutto il  lavoro, l’impegno, la passione per raggiungere quel risultato.

Già, perché al di là delle esagerazioni  di certi suoi premiati, la stella Michelin rimane il sogno di ogni cuoco. Poi, prenderla in un posto ancora così lontano dal mondo come la Basilicata!

E questo isolamento, per tornare al suo romanzo,  è anche il cruccio del protagonista Adelchi.  E più ancora del padre di lui, Gian Canio Caraffa d’Altaviva.

Dice bene. Il vecchio barone e principe del foro Gian Canio, non sopporta l’idea che il figlio invece di seguire le sue orme decida di aprire la sua taverna e, oltre tutto, in un paese sperduto seppur bellissimo della nostra regione. E’ consapevole che Adelchi è un vero talento ma chi, in questo posto allo sprofondo, potrà mai accorgersi di lui?  E invece capita un divo hollywoodiano di passaggio, una specie di avventuroso George Clooney, si fermi a cenare proprio alla taverna di Adelchi. E anzi, si diffonde la voce che voglia prendere  casa in zona. Così il borgo si riempie d’una folla di giornalisti, fotografi, fan, ex fidanzate, produttori, che tallonati dai personaggi locali –  politici corrotti,  artisti frustrati, ambientalisti velleitari,  promotori della pro-loco – danno vita a una commedia che ha come protagonista fondamentale proprio la cucina lucana.

Eggià perché le “adorabili frattaglie” del titolo altro non sono che i gnumm’ried, già celebrati da Rocco Papaleo nel suo “Basilicata coast to coast”, di cui lei fornisce addirittura la ricetta in coda al romanzo.

Sì, nella versione tradizionale e nell’ interpretazione sublime che ne dava Frank – il suo famoso gelato di gnumm’ried. Adesso non pensate al gelato sul serio, eh! Quello di Rizzuti era un godurioso paté che io mangiavo su delle tartine, accompagnandolo a un buon vino da meditazione.

Certo certo, ma ci sono anche altre ricette più semplici  da realizzare. Tipo le lagane e ceci.

Ah, ed è uno dei miei piatti prediletti! Ne parlava già in una delle sue Satire Orazio. Ma anche il pasticcio di carne e formaggio del mio paese d’origine, nella ricetta appunto di Tommaso Morone, eppoi quelle innovative tipo il Pacchero estremo, ispirata al mio romanzo a Umberto di Za Mariuccia di Maratea, o il baccalà in tempura allo zafferano che si mangia al Bacco del Grande Albergo,  e  dulcis in fundo, anche se non è un dolce, il brasato all’Aglianico che prepara mia moglie. Insomma tutti i piatti della mia vita: le mie madeleines insomma!

l.serino@luedi.it

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