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Blame, un rapper made in Lucania 
L’intervista a Salvatore Mecca 
Il giovane Salvatore Mecca, in arte  Blame, classe 1996  con due dischi all’attivo e un terzo in progetto con un contratto con la New Star Milano Agency. si concede ad un’intervista.   
Salvatore Mecca, voce emergente dell’hip hop
di FRANCESCO ALTAVISTA
CERTO Potenza non è il Bronx e di certo le strade potentine non sono piene di “Block Party” ma l’hip hop nel capoluogo di regione lucano  è una realtà. Si parte a volte da giovanissimi, perfino dai 13 anni con la voglia di mettere parole insieme su una base, esprimendosi senza troppi fronzoli. Ed è così che un vero e proprio movimento è nato a Potenza con ragazzi  intorno ai venti anni che hanno tanto da dire, tanto da urlare in faccia con sincerità, descrivendo il loro mondo, comunicando a suon di rime ed assonanze. In questo ambiente  cresce anche il giovane Salvatore Mecca  in arte  Blame classe 1996  con due dischi all’attivo e un terzo in progetto  con un contratto con la New Star Milano Agency.  Attraverso l’hip hop  si esprime contenuto, un messaggio che sovrasta anche con aggressività la musica che è praticamente solo un accompagnamento.  Blame è affascinato da questo modo di fare musica  da appena 11 anni, prima per lui l’amore per la chitarra che però non lo ha mai soddisfatto totalmente. Per il Quotidiano della Basilicata, Salvatore Blame Mecca si concede ad un’intervista.  
  
Partiamo dalla tua storia. Il nome che hai scelto è “Blame”,  in italiano colpa. A quale colpa ti riferisci?
«C’è una parte di questo nome  molto personale che non rivelo, sarebbe come dire cosa faccio con la mia ragazza la sera. E’ un nome che più che scelto mi è stato dato e  nasconde diverse mie esperienze. Esiste però anche un significato più riflessivo, nel senso che ho ragionato sulla colpa. Tutti ne  portiamo una. Noi abbiamo tutti un peso che portiamo, è ciò che ci tiene ancorati alla terra, senza colpe saremmo stati degli dei.  Questo nome quindi è anche una riflessione sulla colpa in genere, quella che ci rende uomini».
L’hip hop nasce nelle strade americane. Cosa diventa nelle vie di Potenza ?
«Ci sono tante differenze ovviamente. L’hip hop americano è la voce della strada. Hip hop è una musica non studiata,  è ritmare le parole e trasmettere. A Potenza non ci sono i principi autentici di questa musica, noi non viviamo la strada. E’ difficile se non impossibile trovare un rapper a Potenza che ti parli di strada come quello americano. Si racconta magari  un disagio, lo stare per strada perché a casa non si trova ciò che serve e che ti fa stare bene. E’ il racconto di un malessere diverso.  Esiste un movimento hip hop  di cui faccio parte, che raccoglie ragazzi dai 18 al 22 anni. C’è una fame diversa se vogliamo, qualcuno lo fa  semplicemente perché ama talmente le ragazze di Potenza che lo usa per farsi notare, per regalare qualche parola.  A volte si usa anche per sfottersi nelle rivalità».
Da Potenza e ad altre zone lucane sei approdato  anche a  Milano. Come viene vissuto l’hip hop dal pubblico lucano e come è stato confrontarsi con quello milanese?
«In Basilicata ho avuto modo di esibirmi sempre con un discreto pubblico. A Milano la realtà è diversa,  esiste una cultura hip hop vera. C’è una riflessione vera, una passione vera verso questa musica. Viene apprezzato l’hip hop che parla di cose vere. In Basilicata c’è poca gente che ti vuole capire. Noi, io ed altri miei amici inseparabili, eravamo lì gli ospiti speciali del sud, la gente  è venuta a vedere, credo abbia apprezzato». 
Scavi in temi importanti ma qualcuno potrebbe anche obiettare, dicendo che sei troppo giovane per capire realmente il mondo. La spregiudicatezza fa apre di questa musica, ma come rispondi ad un critica del genere?
«Mi sono sempre sentito allontanato perché diverso. Ho tentato di guardare sempre oltre, poi una serie di esperienze con la famiglia, con amici mi hanno fatto diventare più maturo della mia età. Sono un  pessimista, penso che la vita è nascere e morire, il durante conta poco. Se la vivi come piace a te  ti dispiacerà di più morire ma alla fine è lo stesso.  Questo mio pessimismo mi ha fatto riflettere su molte cose: ci sono momenti di depressione totale  che ti coinvolgono anche se sei giovane, non c’è un disegno per tutti. La musica mi fa sfogare».
 Hai realizzato quasi tre dischi. Il secondo in uscita e il terzo in lavorazione.  Come si è evoluta in questo breve tempo la tua poetica?
«“Changes” uscirà credo il mese prossimo e sarà l’ultimo realizzato da me totalmente,  il terzo  sarà realizzato sotto etichetta. Il primo disco “Così sarà per sempre” partiva  da una riflessione sulla mia musica. Ciò che ho fatto in quel periodo è stabile ed immortale su quel disco, la mia musica non cambia, vuole essere libera senza condizionamenti. “Changes” il  disco in uscita   mi sta dando tante soddisfazioni,  la mia musica non cambia ma  esiste un mio  cambiamento. Ho rapportato la mia vita ad un continuo cambiamento.  Si può essere felici e il giorno dopo sentirsi niente. Tutto cambia attorno a me, cambio io ma ciò che dico sulle canzoni non le cambierà nessuno. Non voglio che altri mi dicano cosa dire, la mia vita cambia anche radicalmente, ma ciò che dico non cambia, la mia energia sarà sempre quella». 
Cosa puoi anticipare di questo  terzo lavoro, il primo sotto etichetta?
«E’ stata una bella cosa. Ho avuto varie offerte ed ho preso un bel po’ di tempo per valutare. Decidere quale era la migliore è stato impegnativo. Ho rifiutato offerte importanti per cercare quella che più si adatta a ciò che segue la mia idea.  Ho scelto un’etichetta  che mi consente di fare la mia musica. Credo di cominciare a lavorare al disco  da gennaio, cercherò di parlare del cambiamento che avrò trasferendomi a Milano ed una riflessione sulla distanza da casa». 
Concludiamo. Cosa è la Bellezza?
«La Bellezza è il come guardi le cose». 
 

CERTO Potenza non è il Bronx e di certo le strade potentine non sono piene di “Block Party” ma l’hip hop nel capoluogo di regione lucano  è una realtà. Si parte a volte da giovanissimi, perfino dai 13 anni con la voglia di mettere parole insieme su una base, esprimendosi senza troppi fronzoli. Ed è così che un vero e proprio movimento è nato a Potenza con ragazzi  intorno ai venti anni che hanno tanto da dire, tanto da urlare in faccia con sincerità, descrivendo il loro mondo, comunicando a suon di rime ed assonanze. In questo ambiente  cresce anche il giovane Salvatore Mecca  in arte  Blame classe 1996  con due dischi all’attivo e un terzo in progetto  con un contratto con la New Star Milano Agency.  Attraverso l’hip hop  si esprime contenuto, un messaggio che sovrasta anche con aggressività la musica che è praticamente solo un accompagnamento.  Blame è affascinato da questo modo di fare musica  da appena 11 anni, prima per lui l’amore per la chitarra che però non lo ha mai soddisfatto totalmente. Per il Quotidiano della Basilicata, Salvatore Blame Mecca si concede ad un’intervista.   

 

Partiamo dalla tua storia. Il nome che hai scelto è “Blame”,  in italiano colpa. A quale colpa ti riferisci?

«C’è una parte di questo nome  molto personale che non rivelo, sarebbe come dire cosa faccio con la mia ragazza la sera. E’ un nome che più che scelto mi è stato dato e  nasconde diverse mie esperienze. Esiste però anche un significato più riflessivo, nel senso che ho ragionato sulla colpa. Tutti ne  portiamo una. Noi abbiamo tutti un peso che portiamo, è ciò che ci tiene ancorati alla terra, senza colpe saremmo stati degli dei.  Questo nome quindi è anche una riflessione sulla colpa in genere, quella che ci rende uomini».

L’hip hop nasce nelle strade americane. Cosa diventa nelle vie di Potenza?

«Ci sono tante differenze ovviamente. L’hip hop americano è la voce della strada. Hip hop è una musica non studiata,  è ritmare le parole e trasmettere. A Potenza non ci sono i principi autentici di questa musica, noi non viviamo la strada. E’ difficile se non impossibile trovare un rapper a Potenza che ti parli di strada come quello americano. Si racconta magari  un disagio, lo stare per strada perché a casa non si trova ciò che serve e che ti fa stare bene. E’ il racconto di un malessere diverso.  Esiste un movimento hip hop  di cui faccio parte, che raccoglie ragazzi dai 18 al 22 anni. C’è una fame diversa se vogliamo, qualcuno lo fa  semplicemente perché ama talmente le ragazze di Potenza che lo usa per farsi notare, per regalare qualche parola.  A volte si usa anche per sfottersi nelle rivalità».

Da Potenza e ad altre zone lucane sei approdato  anche a  Milano. Come viene vissuto l’hip hop dal pubblico lucano e come è stato confrontarsi con quello milanese?

«In Basilicata ho avuto modo di esibirmi sempre con un discreto pubblico. A Milano la realtà è diversa,  esiste una cultura hip hop vera. C’è una riflessione vera, una passione vera verso questa musica. Viene apprezzato l’hip hop che parla di cose vere. In Basilicata c’è poca gente che ti vuole capire. Noi, io ed altri miei amici inseparabili, eravamo lì gli ospiti speciali del sud, la gente  è venuta a vedere, credo abbia apprezzato». 

Scavi in temi importanti ma qualcuno potrebbe anche obiettare, dicendo che sei troppo giovane per capire realmente il mondo. La spregiudicatezza fa apre di questa musica, ma come rispondi ad un critica del genere?

«Mi sono sempre sentito allontanato perché diverso. Ho tentato di guardare sempre oltre, poi una serie di esperienze con la famiglia, con amici mi hanno fatto diventare più maturo della mia età. Sono un  pessimista, penso che la vita è nascere e morire, il durante conta poco. Se la vivi come piace a te  ti dispiacerà di più morire ma alla fine è lo stesso.  Questo mio pessimismo mi ha fatto riflettere su molte cose: ci sono momenti di depressione totale  che ti coinvolgono anche se sei giovane, non c’è un disegno per tutti. La musica mi fa sfogare».

 Hai realizzato quasi tre dischi. Il secondo in uscita e il terzo in lavorazione.  Come si è evoluta in questo breve tempo la tua poetica?

«“Changes” uscirà credo il mese prossimo e sarà l’ultimo realizzato da me totalmente,  il terzo  sarà realizzato sotto etichetta. Il primo disco “Così sarà per sempre” partiva  da una riflessione sulla mia musica. Ciò che ho fatto in quel periodo è stabile ed immortale su quel disco, la mia musica non cambia, vuole essere libera senza condizionamenti. “Changes” il  disco in uscita   mi sta dando tante soddisfazioni,  la mia musica non cambia ma  esiste un mio  cambiamento. Ho rapportato la mia vita ad un continuo cambiamento.  Si può essere felici e il giorno dopo sentirsi niente. Tutto cambia attorno a me, cambio io ma ciò che dico sulle canzoni non le cambierà nessuno. Non voglio che altri mi dicano cosa dire, la mia vita cambia anche radicalmente, ma ciò che dico non cambia, la mia energia sarà sempre quella». 

Cosa puoi anticipare di questo  terzo lavoro, il primo sotto etichetta?

«E’ stata una bella cosa. Ho avuto varie offerte ed ho preso un bel po’ di tempo per valutare. Decidere quale era la migliore è stato impegnativo. Ho rifiutato offerte importanti per cercare quella che più si adatta a ciò che segue la mia idea.  Ho scelto un’etichetta  che mi consente di fare la mia musica. Credo di cominciare a lavorare al disco  da gennaio, cercherò di parlare del cambiamento che avrò trasferendomi a Milano ed una riflessione sulla distanza da casa». 

Concludiamo. Cosa è la Bellezza?

«La Bellezza è il come guardi le cose».  

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