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Tredici poliziotti uccisi, almeno altri 30 feriti: è finito così un blitz tentato dalle forza di sicurezza sudanesi nel pieno della provincia ribelle e insanguinata del Darfur per liberare, dicono le autorità locali, tre soldati rapiti da uomini armati. Un’azione che ha fatto temere in un primo momento che l’obiettivo fosse anche la liberazione del volontario di Motta San Giovanni, Francesco Azzarà, rapito nel Darfur in agosto: timore alimentato da alcune fonti della stessa polizia sudanese, citate dal quotidiano Al-Ahdath e rilanciate dalle agenzie di stampa, ma poi smentite prima dal governatore del South Sudan, subito dopo dalla Farnesina che ha spiegato che il raid non ha «alcuna relazione con il caso Azzarà». E infine anche dall’Ong Emergency, per la quale il cooperante lavora.
A smentire ogni relazione con il cooperante italiano è stato il governatore Abdel Hamid Kasha, che ha precisato che i poliziotti cercavano di liberare tre militari presi prigionieri da gruppi armati non meglio precisati, lasciando attorno alla natura e alla dinamica dell’azione un alone di mistero. «A noi non risulta che il blitz in Sudan riguardi la liberazione del nostro collaboratore Francesco Azzarà. È quanto abbiamo appreso da fonti locali», ha riferito poi per telefono la presidente di Emergency, Cecilia Strada. Le fonti, precisa un comunicato dell’organizzazione umanitaria, sono «autorità di Khartoum e Nyala e nostri contatti locali».
Da ieri mattina, intanto, è esposta sui balconi del palazzo del Consiglio comunale di Napoli in via Verdi la gigantografia di Francesco Azzarà, l’operatore di Emergency rapito in Darfur, Sudan. Con questa iniziativa, promossa dal sindaco Luigi de Magistris e dal presidente del Consiglio comunale Raimondo Pasquino, il Comune di Napoli vuole manifestare la propria solidarietà alla famiglia del giovane rapito e all’organizzazione non governativa che da anni opera nelle zone più disagiate del mondo.
Intanto le notizie confuse circolate ieri mattina dal Sudan, avevano messo in apprensione i genitori e i familiari di Azzarà. Alla fine, comunque, anche da parte della Farnesina è arrivata la smentita di una relazione tra la sparatoria avvenuta in Darfur e il rapimento dell’operatore volontario di Emergency. E, in casa Azzarà gli animi si sono un pochino rasserenati, alla luce anche della telefonata arrivata il giorno precedente ad Emergency dal Sudan che aveva rassicurato sulle buone condizioni di salute di Francesco.
Sulla vicenda della sparatoria in Darfur, si è espresso, però, il cognato del giovane operatore e portavoce della famiglia, Vincenzo Catalano: «Certa stampa, prima di diffondere alcune notizie, farebbe meglio di verificare se le stesse siano fondate o meno. Questo, ci convince ancora di più che è bene mantenere il silenzio stampa, perché, come successo in questa circostanza, c’è il rischio che le notizie vengano travisate. Ai genitori di Francesco – aggiunge Catalano – la notizia del blitz in Darfur, con conseguente sparatoria, è stata detta nel momento stesso in cui arrivava la smentita».
Anche la deputata Lella Golfo, sempre in contatto con i familiari di Francesco Azzarà, e in continuo aggiornamento con la Farnesina, ha confermato la totale estraneità del blitz avvenuto in Darfur con il rapimento del giovane operatore di Emergency. «Trovo vergognoso – ha detto – e assolutamente irresponsabile diffondere notizie infondate che hanno il solo effetto di gettare nella disperazione i familiari del rapito e rischiano di compromettere il grande impegno e riserbo con cui la Farnesina sta conducendo una vicenda delicata».

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