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CATANZARO – Il processo in corso a Catanzaro relativo agli attentati che vennero realizzati a Reggio Calabria nel 2010 con delle bombe alla procura e all’abitazione del procuratore generale Salvatore Di Landro sta registrando il suo momento culminante con le dichiarazioni di Antonino Lo Giudice, già collaboratore di giustizia poi fuggito.

Nel corso della sua deposizione Lo Giudice ha ripreso a fare dichiarazioni senza freno affermando che «la bomba alla procura generale era diretta al giudice Mollace perché si era lavato le mani e non aveva aiutato mio fratello (il boss Luciano Lo Giudice ndr). Ho sbagliato procura, pensavo che Mollace lavorava la». E sulla bomba a Di Landro. ha aggiunto «loro erano contro mio fratello. Ho mandato Antonio Cortese. La prima cosa che ho raccomandato è che nessuno si doveva fare male», e sul bazooka ha aggiunto «ho consegnato il bazooka a Cortese. Dissi di sparare dove nessuno si doveva fare male. Doveva sparare al Cedir. Quell’avvertimento era per Pignatone».
Sul fratello ha poi aggiunto: «Fino a quando io non inizio a collaborare lui non sapeva nulla! Sa chi lo accusa a mio fratello? Lo accusa Rizza. Lo sa che Rizza è stato pestato da mio fratello prima che lo stesso Rizza si pentisse? Lo sa che Rizza insieme a un plotone di collaboratori ha iniziato a screditarmi? Perché questa macchinazione contro di me?»
Il processo in corso vede sul banco degli imputati il boss Luciano Lo Giudice, Antonio Cortese, ritenuto l’armiere della cosca nonchè uno degli esecutori dell’attentato, e Vincenzo Puntorieri, legato a Cortese. Ha invece scelto la strada del giudizio abbreviato il quarto imputato, Antonino Lo Giudice, fratello di Luciano, autore della deposizione odierna che il 5 ottobre scorso è stato condannato a 6 anni e 4 mesi di reclusione. Nel corso delle indagini gli imputati sono stati raggiunti, il 15 aprile dello scorso anno, da un’ordinanza cautelare di custodia in carcere come presunti responsabili degli attentati compiuti contro la Procura generale di Reggio e l’abitazione del procuratore generale Di Landro, nonchè delle intimidazioni di cui è stato vittima l’ex procuratore della Repubblica in servizio nella Città dello Stretto, Pignatone. L’inchiesta ebbe un input determinante proprio da Antonino Lo Giudice, quando questi decise di collaborare con gli inquirenti assumendosi la responsabilità di aver deciso di dare il via alla stagione delle intimidazioni a Reggio, facendo i nomi dei primi tre quali complici esecutori.
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