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Un presidio dei lavoratori all’esterno della Brsi

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«Non è la fine della vertenza ma è sicuramente un giorno da festeggiare». Annamaria Sanna resta con i piedi per terra come i suoi 90 colleghi della Brsi di Bitritto, ma non trattiene il sorriso per quella che è sicuramente una vittoria. Dopo il decreto di sospensione, Il giudice del lavoro ha annullato il trasferimento dei dipendenti dell’azienda informatica Brsi (76 sono donne) dalla sede barese a quella di Misterbianco, in provincia di Catania, dando ragione ai sindacati Fiom Cgil e Uilm, che considerano fraudolenta la decisione aziendale tesa in realtà a licenziare i lavoratori per cui hanno sollevato la vertenza.

Nel ricorso, che aveva visto già la sospensione del provvedimento imposto dall’azienda, i sindacati hanno ricordato come i dipendenti siano già impiegati da oltre un anno a distanza col cosiddetto smartworking e che quindi non ci sia la necessità del loro trasferimento a oltre seicento chilometri dall’attuale sede. E che la fusione tra la Rsh (Remote Service Holding), società con capitale sociale di 10 mila euro, e la Brsi, sia un’operazione, appunto, “fraudolenta”, per mascherare in realtà la volontà di licenziamento dell’azienda dei dipendenti ereditati dal colosso Dxc.

Fusione che era stata già oggetto di un giudizio del tribunale di Milano su istanza della Uilm. Il giudice di Bari ha individuato «un rilevante nesso tra la volontà di compressione della forza lavoro e l’individuazione della nuova sede, nel senso che quest’ultima, lungi dal rispondere ad una autentica prospettiva di creazione di un polo sinergico ed omnicomprensivo, ha piuttosto rappresentato uno strumento di coazione indiretta nei confronti dei dipendenti».

Ha sottolineato poi il pericolo di delocalizzazione dell’attività aziendale, quale «rischio reso concreto dall’esistenza di due poli produttivi in Romania ed in Moldavia nonché dalla richiesta, proprio rivolta ad alcuni lavoratori di Brsi, di impartire formazione ai colleghi stranieri». Ha anche affermato il principio per cui se il datore di lavoro può optare per una soluzione meno gravosa in capo ai dipendenti deve sceglierla.

«Richiederemo nell’immediato un incontro all’azienda – racconta raggiante il segretario dei metalmeccanici Uil, Riccardo Falcetta – perché l’obiettivo rimane quello di non sprecare le risorse di un’azienda di consulenza informatica che continua ad avere commesse, tra le quali il ministero dell’Istruzione, e lavoratori validi che possono continuare a svolgere le loro mansioni come è accaduto nell’ultimo anno e mezzo a distanza». I lavoratori per ora restano in ferie, avendo accumulato diversi giorni da smaltire, nell’attesa di una svolta che possa nel volgere di poco tempo riportarli alle loro mansioni, non in Sicilia, dove avrebbero occupato una scatola vuota, un capannone a malapena attrezzato nella periferia della cittadina catanese.

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