X
<
>

Condividi:
3 minuti per la lettura

 

SETTE anni di processo per arrivare a una sentenza più simbolica, che sostanziale.

Si potrebbe sintetizzare così, la vicenda giudiziaria di Nino Grilli e Nicola Piccenna, rispettivamente direttore e redattore del settimanale “Il Resto”, condannati ieri dal giudice del tribunale di Matera, Giuseppe De Benedictis, a un’ammenda di 1.000 euro (Piccenna) e 800 (Grilli), per aver diffamato Filippo Bubbico, attuale vice ministro dell’Interno, all’epoca dei fatti contestati presidente della Regione.

La vicenda è quella del sito unico delle scorie nucleari a Scanzano Jonico, che si consumò nel 2003 fino al famigerato decreto 314. Il 9 giugno del 2007, Piccenna scrive su Il Resto l’articolo intitolato “Alto tradimento per il generale Filippo Bubbico”, evidenziando la presunta consapevolezza dell’allora presidente, strenuo oppositore nei fatti, rispetto alla decisione di realizzare a Scanzano il tanto vituperato sito unico.

Piccenna fa riferimento a un verbale del Consiglio dei ministri, in cui si è chiaramente affermata la presunta consapevolezza di Bubbico, parlando poi, lui in forma dubitativa, come una sorta di indiscrezione giornalistica, di un summit tra Emilio Nicola Buccico, allora membro del Csm, Bubbico e il commissario straordinario per la gestione del nucleare, il generale Carlo Jean, da cui sarebbe emersa l’indicazione di Scanzano. Un dato, quest’ultimo, che Piccenna non afferma con certezza, come conferma la conclusione dubitativa del pezzo, in cui anzi si chiede a Bubbico di chiarire, ma evidentemente ha posto ulteriormente l’accento sulla presunta volontà diffamatoria.

Il pm Rosanna De Fraia, nella sua breve requisitoria, ha evidenziato che Piccenna, pur essendo partito dalla sostanziale verità come emerge dal verbale del Cdm, avrebbe poi costruito una serie di deduzioni giornalistiche diffamatorie, tanto più perchè fondate su fonti non autorevoli; come l’allora sindaco di Scanzano Jonico, Mario Altieri, che nella sua deposizione quattro mesi fa, aveva addirittura fatto riferimento a un incontro avuto con Bubbico prima del decreto, in cui lui gli avrebbe riferito dell’ipotesi Scanzano e l’allora presidente avrebbe ammesso di non esserne entusiasta, sostenendo però che, al momento della decisione ufficiale, «non avrebbe alzato le barricate». Questa la frase di Altieri, che avrebbe riferito poi all’allora ministro per l’Ambiente, Altero Matteoli, il quale a sua volta l’avrebbe fatta mettere a verbale nel Consiglio dei ministri. Verbale da cui Piccenna ha preso spunto, per la sua ricostruzione sulla presunta informazione preventiva di Bubbico.

Fatti e riferimenti emersi dalla requisitoria, durata  circa un’ora, del difensore di Bubbico, l’avvocato Michele Porcari, il quale ha sottolineato la sostanziale inattendibilità di Altieri, verosimilmente (secondo lui) utilizzato come fonte da Piccenna. Secondo Porcari, non sarebbe stato rispettato il principio della verità putativa, ovvero quella relativa alla verità dei fatti o alla credibilità della fonte, infangando l’onorabilità politica e personale di Bubbico, definito “generale traditore” della sua gente. Questo, secondo il teorema di Porcari, deriverebbe da vecchie ruggini con Piccenna per questioni personali e da una indagine pesante a carico di Bubbico, accusato di essere a capo di una cupola affaristica, che culminò in una perquisizione domiciliare proprio 3 giorni prima dell’articolo. Quindi, secondo l’accusa, Piccenna avrebbe approfittato del momento di debolezza di Bubbico, fino ad allora in testa ai sondaggi di gradimento nazionali, per rincarare la dose con notizie non del tutto veritiere.

Su questa scia si sarebbe inserito Altieri, anche lui orientato da vecchi risentimenti nei confronti del presidente per la vicenda del villaggio  “Marinagri” di Policoro, poi confluita nella maxi indagine di Toghe Lucane, solo parzialmente spenta. Secondo Porcari, Altieri, quindi la fonte di Piccenna, avrebbe mentito sia sul suo incontro con Bubbico, che sul presunto summit, e sull’unico incontro con il ministro Matteoli. Infatti, ne avrebbe avuti ben più di uno, essendo stato lui stesso il gestore dell’intera operazione sito unico a Scanzano, per sua convenienza economica. Questo all’insaputa di Bubbico.

a.corrado@luedi.it

 

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE