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POTENZA – L’amico imprenditore, che Giuseppe Brienza aveva favorito in una pratica milionaria all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, per quasi 3 anni si sarebbe fatto carico dell’affitto dell’appartamento romano della figlia. In più avrebbe assunto la compagna e una volta uscito dall’Autorità gli avrebbe assicurato una consulenza da 5mila euro al mese «in nero» più un posto auto per la sua Mercedes.

E’ ai domiciliari da ieri mattina con l’accusa di corruzione l’ex sindaco e senatore di Rionero.

A disporre il suo arresto è stato il gip di Roma Simonetta D’Alessandro nell’ambito dell’ultimo filone dell’inchiesta su una presunta «associazione a delinquere finalizzata al rilascio di false attestazioni di qualificazione in favore di società e imprese, prive dei requisiti tecnico-economici previsti dal codice dei contratti pubblici, in cambio di denaro versato simulado contratti di compravendita di rami d’azienda».

Secondo gli inquirenti al vertice dell’organizzazione c’era Mario Calcagni, un imprenditore romano di 63 anni, considerato «amministratore di fatto e socio occulto della Axsoa» anche se figurava soltanto come dipendente della sua società. Sarà stato per il vizio di usare un jet privato per raggiungere la sua villa in Costa Smeralda con la moglie Raffaella Bergé. Sì proprio lei: la diva di “Centovetrine”.

L’anno scorso erano finiti agli arresti entrambi, ma si era capito subito che ci sarebbero stati sviluppi.

A parlare dei rapporti privilegiati di Calcagni all’interno dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, appena incorporata nell’Anticorruzione guidata dal commissario straordinario Raffaele Cantone, era stato un imprenditore “pentito”.

«Brienza collabora con Mario». Aveva spiegato al pm Giancarlo Cirielli il calabrese Luigi Napoli.

Poi era venuta a galla una strana procedura datata 2008, quando Axsoa ha incorporato un’altra “società organismo attestazione”, la Soanc, che rischiava la revoca dell’autorizzazione, perché per svolgere i controlli veri e propri avrebbe delegato un «soggetto non legittimato».

L’Avcp avrebbe dato lo stesso il via libera all’operazione propiziando «il passaggio dell’intero pacchetto clienti» da una ditta (Soanc) all’altra (Axsoa). Così il cedente avrebbe incassato 2milioni e 600mila euro, mentre Calcagni è riuscito a quadruplicare i ricavi della “sua” società da un milione e duecentomila euro a oltre 5 milioni.

In più ha dichiarato «estinta» la procedura di revoca dell’autorizzazione della Soanc, che avrebbe trasformato automaticamente in carta straccia tutte le attestazioni già emesse, un documento necessario per partecipare ad appalti superiori a 150mila euro.

Tra i relatori sul caso il più attivo era stato proprio Giuseppe Brienza, che a distanza di 2 anni sarebbe stato eletto anche presidente dell’Autorità. Ma il gip di Roma parla di diversi funzionari che avrebbero chiuso un occhio seguendo le indicazioni dell’ex senatore.

L’attivismo di Brienza sarebbe stato ricompensato da Calcagni con «denaro e altre utilità economiche» prima ancora che fossero avviate le procedure della fusione “incriminata”.

Stando a quanto accertato dalla Fiamme gialle l’imprenditore avrebbe concesso un appartamento al centro di Roma per la figlia del suo amico “controllore” oltre un anno prima, «dal 1 luglio 2006 ai primi mesi del 2009 (…) senza effettivo pagamento di corrispettivo». Nel periodo caldo dell’operazione, invece, sarebbe arrivato un «incarico di consulente del lavoro per la Axsoa spa» a favore della compagna. E non è finita, perchè Brienza avrebbe continuato ad incassare il prezzo – presunto – della sua corruzione anche dopo: «un rapporto di consulenza con la Axsoa spa, successivamente alla cessazione delle cariche nell’Avcp retribuito con la somma di 5mila euro mensili in nero per la durata di un anno tra il 2011 e il 2012». Più «il pagamento da parte dell’Axsoa spa del parcheggio dell’autovettura personale (tra il 2011 e il 2012)».

Uscito dall’Autorità l’ex sindaco di Rionero, europarlamentare del 2001 al 2004, secondo il gip ha mantenuto «relazioni di favore con diversi funzionari (…) esercitando una forte influenza sui predetti, sicuramente grazie all’ascendente derivante dal suo precedente incarico apicale (…) ma non escludendo la possibilità di favori corruttivi».

In questo modo sarebbe riuscito a carpire informazioni riservate «al fine di ottenere vantaggi economici nei suoi affari, ossia favorire Soa a lui legate da rapporti professionali non ufficiali» come la Bentley spa.

Di qui l’esigenza di adottare una misura cautelare nei suoi confronti, mitigata solo dall’età del 76enne Brienza, che per questo ha ottenuto i domiciliari.

l.amato@luedi.it

 

 

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