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CAMASTRA – Rocco Lauletta è un veterinario. Per essere precisi lo era: per 40 anni ha percorso queste montagne da cima a fondo come veterinario dell’Asl nell’area Camastra. Ora è in pensione e si sente «un libero professionista» oltre a essere il coordinatore di Camastra Nova, movimento per la difesa dell’uomo e dell’ambiente.

Conosce bene quella sua impervia area che, ormai si va pian piano spopolando: «un aggregato di popolazione di 12.000 persone sulla carta. Ma ormai parliamo per eccesso di 6.000 abitanti». Quattro comuni: Anzi, Abriola, Calvello e Laurenzana. Sempre meno persone, quasi tutti anziani. «Hanno quasi tutti – dice il veterinario – la casa a Potenza. Tornano per il fine settimana, magari per la festa». Ma per la maggior parte del tempo queste montagne restano in silenzio.

E a guardarle con gli occhi “della straniera” questi luoghi sono straordinari. Nuvole che si rincorrono veloci giocano con tutto il verde lucido di questi boschi folti e meravigliosi. Che viene da pensare che se si fosse in Germania o Canada saremmo tutti ricchi. Ci basterebbe vivere di turismo.

Lauletta indica, spiega e racconta e poi conclude amaro guardandosi intorno: «Non è per me, ormai ho la mia età. Ma è per i nostri figli, cosa gli lasciamo se roviniamo anche questo?». La diga della Camastra è lì, a pochi chilometri.

«L’idea scellerata»

 Questa storia ha inizio nel 1997. Improvvisamente si sente il bisogno di avere un “depuratore consortile comprensoriale”. Fino a quel momento – ma tuttora è così – ognuno dei paesi della Valle aveva a disposizione un depuratore necessario alle esigenze del suo comune. Ma è necessaria «la salvaguardia ambientale del torrente Camastra, ricadente nei comuni di Abriola, Anzi, Calvello e Laurenzana» e quindi si opta per questo «piano straordinario di completamento e razionalizzazione dei sistemi di collettamento e depurazione delle acque reflue». Difficile da leggere?

Evidentemente la realizzazione del progetto è ancora più difficile, visto che sono ormai passati 16 anni ma di quell’opera non c’è neppure l’ombra. «E meno male – dice Lauletta, che dell’opposizione al progetto ha fatto una battaglia quasi solitaria – pazienza se sono stati buttati già via 400.000 euro. Se l’opera si realizzasse il danno sarebbe mille volte più grave. Perché quando rovini la natura poi ci vogliono millenni per sistemare le cose».

Lauletta, che per il suo mestiere si è dovuto occupare spesso di intossicazioni e inquinamento delle acque, ha una paura precisa: se quell’opera si farà «sarà un disastro ambientale. Perché la diga del Camastra, che porta acqua a quasi tutta la città di Potenza, all’ospedale San Carlo e ad altri 33 comuni dell’hinterland, sarebbe messa davvero a rischio. Perché i tubi previsti verrebbero piazziati in prossimità del letto dei fiumi che alimentano l’invaso. Sa cosa accadrebbe se si rompesse uno di quei tubi? Un malfunzionamento tecnico non si può escludere a priori, può accadere sempre. Succederebbe che le acque reflue condotte a valle da Anzi, Laurenzana e Calvello (alla fine è stato stralciato il tratto di Abriola, la parte più complessa) finirebbero nell’acqua che arriva all’invaso. E sarebbero i cittadini di Potenza a berla quell’acqua. Per questo dico che questa è una battaglia che dobbiamo fare tutti, siamo tutti coinvolti. E quest’acqua – precisiamolo – è a uso esclusivamente umano».

Cosa prevede il progetto: prevede dei tubi – che andrebbero sottoterra – dai comuni aderenti: 6 km circa, per esempio, dal sito del vecchio depuratore di Calvello fino a questo terreno nel comune di Laurenzana scelto dopo le resistenze di Anzi. I tubi correrebbero a fianco del letto dei fiumi e finirebbero poi in otto vasconi.

«Mentre con i vecchi depuratori che abbiamo oggi – continua il dottore – le acque reflue vengono ripulite prima e, comunque, in caso di incidente, sono ben lontani dall’invaso Camastra, con questa «scellerata idea» si finisce per “portarsi il bagno in casa”. E’ una scelta intelligente? Nessuno si sognerebbe di avvicinare le acque reflue a una sorgente di acqua o a un rubinetto».

Ma secondo Valentino Sarli, responsabile d’area di Sel, c’è anche un’altra questione che va evidenziata: «quell’opera potrebbe al limite avere un senso se – come tra l’altro richiede lo stesso Ministero – si rivolgesse a un bacino di popolazione superiore ai 22.000 abitanti. Qui sulla carta siamo 12.000, ma nei fatti la maggior parte di noi vive a Potenza. Sì e no qui vivono un 6.000 persone e la maggior parte sono anziani. Basterebbe solo questo dato a mandare gambe all’aria l’intero progetto».

E fra dieci anni, quando anche gli anziani non popoleranno più questa valle? Lauletta alza le spalle e sorride amaramente. «Non servirà a niente e a nessuno, ma per giustificare il finanziamento dovranno far partire i lavori. Davanti al dio denaro – diceva Franca Rame – altre cose non valgono. Faranno in tempo a fare qualche disastro e rovinare quest’unica ricchezza che possediamo. E saranno i nostri figli a pagare questo errore. Perché io so bene che poi rimediare a questi errori è impossibile. E di danni qui già ne abbiamo fatti. Lo sa che in questi fiumi si pescava? C’era una famiglia ad Anzi che viveva di pesca, c’erano anche le anguille. E invece ora più niente. Io penso che le risorse idriche, insieme a quelle alimentari, saranno le mergenze che in futuro la classe politica dovrà affrontare. Ma non è questo il modo. Così si finisce per distruggere quello che abbiamo di più bello e prezioso. In più questo progetto ha finito per limitare anche altre positive proposte. Per esempio qui si doveva realizzare la centrale del 118 per tutti i comuni della Camastra. Proprio qui, nell’area Pip della Comunità montana. C’era in progetto un’area fiera, dei servizi per le piccole imprese dell’area. Tutto saltato per via di questo progetto. Che a quest’area porterà soltanto altra povertà».

a.giacummo@luedi.it

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