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DOPO l’omicidio del carabiniere avvenuto a Lodi c’è chi se la prende con i calabresi. Si tratta di Giulio Cavalli, consigliere regionale di Sel in Lombardia e noto per le sue denunce nei confronti degli affari della criminalità organizzata al Nord. L’abitazione di Cavalli, dove vivono ancora i suoi parenti, si trova a pochi metri da dove è stato ucciso l’appuntato Giovanni Sali, 48 anni, ucciso sabato a colpi d’arma da fuoco. Un carabiniere che, tra l’altro, faceva parte della scorta proprio di Cavalli, anche se come sostituto e quindi saltuariamente. «Lo aveva fatto fino a poche settimane fa – racconta Cavalli -. Un uomo serio, poche chiacchiere, un professionista».

Ma dopo il ricordo del militare, il consigliere regionale va oltre: «Io sono andato via da Lodi – afferma – proprio dopo aver denunciato una serie di affari poco puliti riferiti a un boss calabrese in città e il quartiere Maddalena ha molti residenti di origine calabrese tra i quali anche vari pregiudicati».  Secondo quanto riferisce l’Ansa dopo aver raccolto «alcune voci», i molti bar e baretti del centro gestiti da cinesi avrebbero, al di là dei proprietari nominali «un comune denominatore». L’ipotesi di una ritorsione contro il carabiniere per aver fatto da scorta a Cavalli, però, al momento, non sarebbe tra le piste privilegiate degli investigatori. E mentre Lodi si mobilita per ricordare l’appuntato ucciso, («non c’è un uomo o donna in tutta Lodi che non voglia vedere in galera» chi ha ucciso Giovanni, dice un vigile della zona all’inviato Ansa), Cavalli ha lanciato un primo dito accusatore nei confronti dei calabresi.

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