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POTENZA – Si sono presentati con un mandato della procura della Repubblica di Matera e hanno acquisito tutte le schede sul ponte di Calciano. I militari della compagnia carabinieri di Tricarico vogliono capire come sia stato possibile il collasso improvviso di un pilone sotto la carreggiata della principale arteria stradale lucana. È stato un puro caso che in quel momento non passasse nessuno altrimenti il conto dei danni per il nubifragio del 1 marzo sarebbe stato ancora peggiore. L’ipotesi degli investigatori è di disastro colposo, ovvero che qualcuno
abbia sottovalutato i rischi di un evento come quello che si è verificato.
Per un’infrastruttura come il ponte che attraversa il Basento all’altezza del paese di Calciano le competenze sono condivise tra l’Autorità di Bacino, l’Anas e l’Ufficio ciclo delle acque del Dipartimento ambiente della Regione. I primi a ricevere la visita dei militari sono stati i funzionari dell’Autorità di Bacino. I documenti raccolti vengono considerati interessanti. Si tratta degli stessi che per legge devono essere pubblicati ogni anno alla chiusura dei cicli di polizia idraulica introdotti per decreto (poi convertito in legge) dal governo di Giuliano
Amato, dopo la strage di Soverato, nel 2000, quando per colpa dell’esondazione di un piccolo torrente persero la vita tredici persone. Da allora una volta l’anno tecnici specializzati passano in rassegna tutte le opere idrauliche presenti sul territorio.
In Basilicata il primo ciclo si è svolto nel 2003 e il ponte di Calciano è stato classificato a rischio 3, il massimo, in una scala di «pericolosità, incombente e potenziale, per le persone e le cose». Una situazione nemmeno tanto isolata perchè solo sul Basento, sempre nel 2003, erano 49 le opere «ad alta criticità». Anche il secondo e il terzo ciclo avevano confermato la presenza di un fenomeno di erosione da parte della corrente con «la venuta a giorno (l’affioramento in superficie, ndr) delle fondazioni». Ma l’allarme era scattato soltanto nel 007. «Rispetto alla situazione documentata nella campagna di rilievi precedente – è scritto nel rapporto del 7 marzo del 2007 – si segnala che i fenomeni erosivi e di escavazione intorno alle pile del ponte sulla sponda destra sono notevolmente accentuati. Inoltre si rileva che i conci di cemento armato (blocchi compatti, ndr) che costituivano il muro di accompagnamento della soglia ubicata subito a valle sono andati a terra e possono costituire ostacolo al deflusso della corrente». Non solo. Senza una soglia di contenimento efficiente la corrente acquista velocità. L’acqua si fa turbolenta e se possibile scava peggio di prima.
Questi dati sono stati comunicati al comitato istituzionale composto dal segretario dell’Autorità di bacino, il presidente della giunta Regionale, e
i due delle province, poi girati all’Anas che è il gestore della statale 407 “Basentana” e di tutte le opere di pertinenza come il ponte in questione. Solo che alla fine nessuno è intervenuto.
L’anno dopo i tecnici che avevano dato l’allarme sono stati sostituiti.
Per attivare i cicli di polizia idraulica, nel 2003, l’Autorità di bacino aveva stipulato una convenzione con l’Università di Basilicata. Convenzione che non sarebbe stata rinnovata nel 2008, sembra per questioni di cassa.
Col risultato che i due funzionari che hanno effettuato i rilievi hanno declassato il rischio della struttura. Da «situazione ad alta criticità»,
che è la classe prevista per «i manufatti e le opere idrauliche che presentano evidenti segni di dissesto e/o di degrado strutturale e le situazioni che limitano e/o condizionano il regolare deflusso delle acque».
E «richiedono, da parte del proprietario o del gestore dei manufatti o delle opere, l’avvio di un’attività di monitoraggio continuo, al fine di valutare i trend evolutivi dei fenomeni in atto o potenziali, e l’obbligo di relazionare all’Autorità di Bacino, con cadenza semestrale sulla evoluzione delle criticità riscontrate e sulla necessità o meno di assicurare interventi di consolidamento e/o di ripristino». A «situazione a media criticità», che è la classe prevista per i casi di «intasamento in alveo provocati da vegetazione folta, di interruzioni, erosioni o cedimenti di argini, briglie opere idrauliche o altri manufatti che pur determinando problemi di natura idraulica, allo stato attuale non rappresentano fonti di pericolo per l’incolumità delle persone». E vanno tenuti sotto controllo «al fine di valutare eventuali aggiornamenti dei fenomeni riscontrati». «Si osserva un modesto fenomeno di erosione della sponda in prossimità della pila 1, – scrivono i due tecnici dell’Autorità di bacino il 10 giugno 2008 – mentre il fenomeno di erosione della pila 2 è maggiore. Lo stato delle pile e delle fondazioni è buono. La platea delle pile è rivestita in pietre. La struttura del ponte non presenta fenomeni di dissesto». Peccato che la storia abbia dimostrato il contrario.

Leo Amato

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