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Il corpo di Denis Bergamini e il camion che lo avrebbe investito

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CASTROVILLARI (CS) – Non ci sono dubbi sul fatto che se oggi la morte di Donato Bergamini è diventata un giallo è perché chi doveva eseguire gli accertamenti, quella sera del 18 novembre 1989 e nei giorni immediatamente successivi, non lo ha fatto. O comunque non lo ha fatto con precisione. Tra le tante incoerenze nella ricostruzione di quei fatti – oltre alla mancata corrispondenza dei chilometri registrati sul disco orario del camion che investì il centrocampista del Cosenza e quelli che effettivamente avrebbe dovuto percorrere il mezzo partito da Rosarno – c’è anche quella della distanza tra il presunto punto di impatto del corpo del calciatore di Ferrara con l’avantreno del camion e il punto in cui i carabinieri giunti sul posto trovano il cadavere di Denis.

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Nei giorni scorsi,la famiglia ha deciso per la prima volta di far vedere a tutti la foto di Denis morta, perché è una fotografia che parla più di tante parole, di un viso perfetto, con appena un segno sulla fronte. «Ci dissero che Denis si era gettato davanti al camion e fu trascinato: macché trascinato per 60 metri, questo non era il viso di chi veniva colpito da un camion in corsa», hanno sempre detto Donata e Domizio Bergamini, sorella e padre di Denis.

È il brigadiere Francesco Barbuscio, comandante della stazione dei carabinieri di Roseto Capo Spulico, territorialmente competente su quel km 401 della statale 106 jonica, che prende le misure e verbalizza. Nei suoi verbali, il carabiniere premette di aver fermato Bergamini a bordo della sua Maserati bianca alle 17 di quel sabato, a Roseto Marina; pochi chilometri più a Sud. Con lui in macchina c’era Isabella Anna Internò, l’ex fidanzata. La stessa che sentita subito dopo i fatti dichiarerà che i due erano partiti da Rende, dove Denis era in ritiro al cinema Garden, alle 16 è passata a prenderla sotto casa e le ha chiesto di accompagnarlo a Taranto perché “deve imbarcarsi per lasciare l’Italia”. Dopo il posto di blocco, racconterà la ragazza, oltrepassato il Castello di Roseto i due si sono fermati di nuovo in uno spiazzo, per discutere. Ma quando a lei sembrava di averlo convinto a tornare a Cosenza, Denis sarebbe sceso di colpo dall’auto senza indossare il giubbotto, nonostante la pioggia. Avrebbe detto a lei di tornare indietro con l’auto mentre lui avrebbe fatto l’autostop per continuare il viaggio. Le prime due auto non si fermarono – dichiarerà lei – e quando sopraggiunse il camion il ragazzo “repentinamente e volutamente”, ma “inspiegabilmente”, vi si è buttato sotto. Riletto, confermato e sottoscritto.

Sul posto del “sinistro” il brigadiere ha eseguito tutte le misurazioni: il corpo del giocatore di Ferrara disteso sull’asfalto, un metro e mezzo circa davanti al camion di Raffele Pisano, sulla corsia nord (diretto al mercato ortofrutticolo di Milano dove deve scaricare 138,72 quintali di mandarini). Il mezzo, lungo circa 9,40 metri, illumina la scena. Dalle ruote posteriori alla piazzola in cui la ragazza dichiara che Denis aveva accostato la macchina, il brigadiere conta 49,10 metri. Da qui la distanza finale di 59 metri, verbalizzata da Barbuscio, tra il punto del presunto “tuffo” di Denis sotto le ruote del mezzo e il punto in cui il corpo viene trascinato dal mezzo in corsa. Il tutto immortalato nelle foto di un fotografo della zona chiamato dai carabinieri a intervenire sul posto. Foto in cui la distanza in realtà appare molto inferiore, più vicina a quella indicata dalla perizia di Pasquale Coscarelli, il perito che ha accertato che anche nell’ipotesi di suicidio, il camionista avrebbe potuto evitare l’impatto visto il tachigrafo del mezzo segnava 35 km orari e, dunque, avrebbe potuto fermarsi entro 15, 18 metri al massimo. Foto, insomma, che riguardate con attenzione hanno convinto la procura di Castrovillari ad aprire, nel 2011, la nuova inchiesta in cui ora sono indagati il camionista (per falsa informazione al pm) e la ex studentessa di ragioneria (per concorso in omicidio volontario).

Distanze sulle quali ha lavorato anche il Ris di Messina, accertando, pare, un trascinamento assai minore (oltre al fatto che le ottime condizione di scarpe, orologio e catenina che Denis indossava quel pomeriggio sono incompatibili con quel lungo trascinamento raccontato dai due testimoni). Un aspetto non di poco conto, sul quale la procura avrà probabilmente chiesto lumi all’Anas sull’esatta posizione di quello spiazzo, all’epoca, e di cui oggi non c’è più traccia a seguito dei lavori di ammodernamento di quel tratto della 106. La domande è: perché Barbuscio allora ha scritto 49,10 metri? Ha sbagliato a leggere il numero sulla rollina metrica o ha per comodità solo aggiustato il numero con quanto dichiarato dai testimoni? Certo, nessuna delle risposte a queste domande risponderebbe anche ai quesiti su cui si fonda questa nuova indagine aperta a Castrovillari. Chi ha ucciso Denis Bergamini? Come? E Perché? Ma di certo aiuterebbero.

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