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POTENZA – «Condannato perché il corpo è stato ritrovato nel sottotetto della Trinità? Vuol dire che i giudici della Corte d’assise d’appello si sono scostati rispetto alla sentenza di primo grado. Vedremo che cosa ne penseranno in Cassazione».

Ha intenzione di prendersi tutto il tempo necessario il professore Alfredo Bargi, che ha assistito Danilo Restivo nel processo d’appello per l’omicidio di Elisa Claps. Studierà le motivazioni della conferma della condanna a trent’anni per il suo assistito durante il periodo di sospensione estiva delle udienze. Poi preparerà il ricorso alla Suprema corte, convinto com’è che negli atti contro l’ex ragazzo di Erice manchi la prova della sua colpevolezza.

Nel frattempo si limita a rispondere con una battuta a chi gli chiede delle concessioni fatte alla difesa dai giudici di Salerno a partire della prova del Dna. «Può agevolmente concludersi nel senso che sulla maglia di Claps Elisa vi erano certamente tracce di sangue del Restivo». Scriveva il gup Elisabetta Boccassini. Solo una traccia di Dna «frammista al sangue della ragazzina», stando invece alle motivazioni della condanna in appello, per cui ci sarebbe stato un «rilascio di saliva nei momenti convulsi e ad alto contenuto emozionale in cui si è compiuto il delitto»

D’altra parte i giudici di secondo grado valorizzano indizi che finora erano rimasti sullo sfondo. Per esempio il contrasto tra le dichiarazioni dei testi che hanno detto di aver visto Elisa lontano dalla Trinità. Ma su tutti il ritrovamento del cadavere all’interno della chiesa dove Restivo e la 16enne potentina si erano dati appuntamento, e quei sassolini conficcati sotto la suola delle sue scarpe identici a quelli sparsi un po’ ovunque nel sottotetto a dimostrazione del fatto che era salità lassù camminando sulle sue gambe.

Assieme all’avvocato Marzia Scarpelli, Bargi si era soffermato a lungo davanti alla Corte d’assise proprio sulla ricostruzione di quanto avvenuto il 13 settembre del 1993 sostenendo che mai e poi mai una ragazza come Elisa sarebbe salita fin sopra al sottotetto della Trinità.

«Perchè mai una simile prospettazione dovrebbe essere illogica?» Scrive la Corte d’assise d’appello. «D’accordo Elisa è indifferente affettivamente a Danilo Restivo e questi ha fama di essere un po’ assillante. Ma all’epoca non aveva ancora la sinistra fama che si è guadagnato in seguito, e poi, non dimentichiamolo, l’appuntamento che Restivo le dà è di quelli apparentemente sicuri: la chiesa. Elisa, che tutti riferiscono di carattere dolce e dai modi garbati non se la sente di dire di no a Danilo anche in questo caso e decide di andare all’appuntamento. Sicuramentde all’inizio non ci sono problemi e Elisa si incammina sua sponte per la rampa delle scale. I problemi sorgeranno o all’interno del sottotetto o sulle ultime rampe. Quel che è certo è che la ragazza entra con le sue gambe nel sottotetto (non sappiamo se ancora sua sponte o sotto minaccia). La Corte non vede in una simile ricostruzione alcunché di logicamente insuperabile o contraddittorio. Tutt’altro».

«Se queste notizie fossero confermate sarebbe evidente che è stato seguito un altro percorso argomentativo». Chiosa Bargi. Parlare di un contrasto tra le sentenze potrebbe sembrare forzato, dato che entrambe hanno stabilito la colpevolezza del suo assistito, ma per alcuni aspetti non lo è. Un argomento su cui la Cassazione in passato si è già mostrata molto sensibile.

l.amato@luedi.it

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