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POTENZA – Lo sapevate che i kit utilizzati dal Ris per stabilire la natura delle macchie sul maglioncino di Elisa «confondono l’urina di topo e la saliva umana»? L’uscita è del capo del dipartimento di genetica dell’Università cattolica di Roma davanti al gip di Salerno, durante l’ultima udienza dell’incidente probatorio sul caso Claps.
Non è chiaro di preciso dove andasse a parare il professor Vincenzo Pascali. Gli esami successivi hanno dimostrato con un sufficiente grado di certezza la natura umana di quella traccia. Ma chissà che sui tetti di Potenza non si aggiri un esemplare transgenico di ratto con lo stesso Dna del sospetto assassino, perchè a quel punto alle accuse già pesanti sul suo conto potrebbe aggiungersi anche il furto di formaggio.
Scherzi a parte, andrebbe preso tutto il verbale con le dichiarazioni di Pascali per capire fino in fondo. Forse intendeva dire soltanto che sommando a questo gli inconvenienti degli strumenti adottati dai carabinieri non c’è abbastanza per sedersi sugli allori e godersi il risultato. Persi pezzetti qua e là di un filamento completo di Dna, se si esamina una piccola parte del tutto, considerato che il topo e l’uomo condividono il 90% del loro genoma, c’è ben poco di cui stare allegri. Occorrerebbe «prudenza», che invece è il criterio che lo ha guidato nel suo lavoro, assieme all’«economicità» delle analisi sui reperti ai disposizione. Efficienza innanzitutto: risorse e risultato. Tempo e soldi impiegati per raggiungere uno scopo, che nonostante tutto alla fine andranno sempre remunerati.
La fattura per il lavoro del primo consulente del gip di Salerno, Attilio Orio, si aggirerebbe tra i 60 e i 90mila euro tutto incluso. L’indiscrezione trapela da ambienti giudiziari, e non è di quelle che di solito si fanno sfuggire. Certo che in un caso come questo rappresenta per tanti versi addirittura un paradosso, se si pensa come è andata a finire la discussione in udienza, con le sferzate al lavoro dei Ris, e le scuse per aver alcune «incongruenze» dovute alla «fretta» di consegnare prima di tutti gli altri periti.
La questione rischia di innescare un contenzioso non da poco. Nel caso in cui da un lato si decidesse di bloccare la parcella del professore, dall’altro si potrebbe agire per vie legali. Il rapporto tra il perito e il gip che lo aveva incaricato potrebbe essere impugnato davanti a un giudice terzo. Andrebbe valutato se il primo ha fatto fino in fondo il suo dovere, e per questo potrebbe rivelarsi necessaria una perizia sulla perizia, ancora più esaustiva del capitolo dedicato della relazione conclusiva dei Ris. Ma a parte loro quanti altri in Italia sono davvero in grado di sconfessare l’operato di un luminare della materia come Pascali? Pochi, molto pochi.
Lui intanto insiste che il suo lavoro non venga sovrapposto a quello svolto dai militari. Parla di elaborati «complementari», dato che in effetti hanno analizzato i reperti che lui nemmeno aveva toccato. Il loro incarico non è stato in “sostituzione” dopo la revoca del primo, ma ad “integrazione”.
Alla fine quando si arriverà alla condanna definitiva del responsabile dell’omicidio di Elisa è ovvio che le spese processuali gli verranno addebitate. Nel frattempo il contribuente potrebbe essere costretto ad accollarsi anche questa, e non c’è taglio alla giustizia che tenga.

Leo Amato

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