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REGGIO CALABRIA – Dovrà attendere altri due giorni Chiara Rizzo per sapere se potrà lasciare il carcere reggino di Arghillà nel quale è reclusa da una ventina di giorni. E’ attesa per venerdì, infatti, la decisione del tribunale della libertà che stamani ha discusso il ricorso dei suoi legali, Bonaventura Candido e Carlo Biondi, che hanno chiesto l’annullamento dell’ordinanza della custodia cautelare o, in subordine, gli arresti domiciliari a casa di una cugina di Messina. Lo stesso giorno è prevista anche la decisione per Claudio Scajola. I giudici del riesame, invece, hanno dichiarato inammissibile il ricorso di Amedeo Matacena.
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Nel corso dell’udienza, il pm della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo ha depositato nuovi atti ad integrazione dell’accusa rivolta alla Rizzo di avere operato per mascherare i beni del patrimonio del marito – attualmente a Dubai privo di passaporto dopo la condanna definitiva a 5 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa – e sottrarli ad un eventuale futuro sequestro. Sul punto, stando all’integrazione presentata da Lombardo, non é escluso che nell’inchiesta possano finire altre persone con l’accusa di favoreggiamento reale o che quest’ultima contestazione possa essere mossa anche alle persone già indagate, tra le quali la stessa Rizzo.
LA GALASSIA SOCIETARIA – Al Riesame è stata depositata, tra l’altro, una relazione della Dia sul materiale sequestrato nella disponibilità dell’ex segretaria di Matacena, Maria Grazia Fiordalisi. Materiale, scrive la Dia, che permette di «affermare che i coniugi Matacena-Rizzo detengono il controllo in via diretta e/o mediata, di una vasta galassia societaria, organizzata secondo lo schema tipico delle “scatole cinesi”». Gli oltre 100 faldoni di documenti ed il copioso carteggio «di natura finanziaria, contabile, bilancistica, tecnica e societaria» sequestrato, per la Dia «costituisce un elemento di prova incontrovertibile sul fatto che il vero cuore decisionale e operativo del network di imprese legate ai Matacena-Rizzo fosse l’Italia e che il reale centro amministrativo e gestionale del gruppo non coincidesse affatto con le sedi legali nominalmente dichiarate».
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Tesi confermata anche dalla stessa Fiordalisi nell’interrogatorio davanti ai pm ai quali ha detto che la Rizzo «aveva un ruolo attivo e consapevole in relazione all’amministrazione di tutte le compagini societarie del gruppo Matacena, visto che era lei, unitamente al marito, a darmi le disposizioni che ero chiamata ad eseguire».
GLI INVESTIMENTI NELL’ENERGIA – La factotum di Matacena ha anche spiegato che «quando la situazione patrimoniale stava precipitando in via definitiva, la Rizzo e Matacena pensarono di ricorrere a finanziamenti internazionali privati» per investimenti da effettuare nei paesi in via di sviluppo, soprattutto in campo energetico. Investimenti ai quali, a suo avviso, sarebbe stato interessato anche Scajola. Circostanza, ha riferito ai pm, davanti alla quale «Matacena che mi sembrò sorpreso».
Ed è proprio il materiale sequestrato alla Fiordalisi, hanno scritto ancora gli investigatori della Dia, che «ha consentito di confermare i rapporti e le relazioni d’affari tra i coniugi Matacena-Rizzo e Scajola».
LE DICHIARAZIONE DI LADY MATACENA
Nell’atto si cita una busta contenente documentazione personale “Matacena” all’interno della quale c’è anche una e-mail dell’agosto 2012 spedita dalla moglie di Scajola, Maria Teresa, a Matacena in merito allo sviluppo delle energie rinnovabili nei paesi Balcani, Ucraina e Moldavia. La contestazione di nuove condotte è stata respinta dai legali della Rizzo che hanno sostenuto che non è possibile modificare l’imputazione portando a sostegno fatti ed episodi antecedenti la data dell’arresto. Venerdì si saprà quale sarà stata l’interpretazione dei giudici del riesame.
Ha ricevuto subito risposta negativa, invece, Matacena, il cui ricorso è stato dichiarato inammissibile, su richiesta del pm, perché non sarebbe stata certa l’originalità della firma di Matacena nell’affidamento dell’incarico ai suoi legali, Enzo Caccavari e Corrado Politi, e la provenienza del mandato. Caccavari ha già annunciato che sarà lo stesso Matacena, adesso, a spedire direttamente un nuovo ricorso al Tribunale della libertà.

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