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Confermata dalla Cassazione la solidità dell’accusa di voto di scambio, aggravato dall’aver favorito la cosca “Pelle”, per l’ex consigliere regionale del Pdl Santi Zappalà – arrestato il 21 dicembre del 2010, e condannato a quattro anni di reclusione dal gip lo scorso 15 giugno – mentre i supremi giudici non hanno ritenuto fondata l’accusa di concorso esterno nell’associazione mafiosa a sostegno della quale la Procura di Reggio Calabria aveva fatto ricorso ai supremi giudici.
Per quanto riguarda la corruzione elettorale, invece, la Cassazione ha ritenuto infondata la tesi difensiva di Zappalà, ex sindaco di Bagnara Calabra (Rc) eletto consigliere regionale con 11.078 voti risultando il quarto degli eletti, in base alla quale l’appoggio promessogli dal clan Pelle non era da prendere seriamente dal momento che la cosca aveva deciso di aiutare anche altri candidati tra i quali Pietro Nucera (anche lui condannato a otto anni). In cambio dell’aiuto, Zappalà aveva promesso a Giuseppe Pelle di avvicinare il luogo di detenzione del fratello Salvatore Pelle, il primogenito del clan e di agevolare le imprese della cosca.
La Cassazione osserva che «l’appoggio elettorale andava dato a più persone la cui levatura politica avrebbe rafforzato le prospettive della consorteria, per cui il maggior appoggio promesso al candidato Nucera non annichilisce il valore comunque promesso e poi dato al candidato Zappalà».

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