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di STEFANIA PAPALEO
CATANZARO – Di regola chiedevano il doppio, ma a volte c’era chi si spingeva a chiedere anche quattro volte di più rispetto a quanto previsto dalla tabella prefettizia. Rigorosamente senza rilasciare alcuna quietanza di pagamento. Ed a chi lo faceva notare, la risposta non lasciava dubbi: “… a Prefettura dorma a notte, m’aizu jeu a notte per recuperare i mezzi… “. 
Insomma, tra le ditte deputate ai soccorsi stradali o alla custodia giudiziale dei mezzi sottoposti a sequestro o fermo amministrativo, sembra che fosse diventata ormai una prassi “taroccare” le tariffe stabilite e arrotondare così lo stipendio.
Lo avrebbero fatto almeno i titolari di quattro ditte individuali operanti nel catanzarese, secondo il sostituto procuratore, Carlo Villani, che, nel portare al traguardo l’indagine sul meccanismo perverso che, negli ultimi due anni, avrebbe mietuto decine di vittime, ha chiuso il cerchio su Giovanni Scalise, 50 anni, di Catanzaro, Salvatore Vatrano, 45 anni, di Borgia, Cosimo Mungo, 49 anni, di Squillace, e Antonio Maiolo, 45 anni, di Chiaravalle Centrale. È al loro indirizzo ed a quello dei rispettivi difensori d’ufficio che gli ha nominato la Procura (Salvatore Longo, Vitaliano Leone, Nicola Loiero e Antonio Leone) che il magistrato ha spedito un avviso di chiusura delle indagini, nel quale ipotizza il reato di abuso d’ufficio consumato e a volte tentato, dal quale ora gli indagati avranno venti giorni di tempo per difendersi, nel tentativo di ribaltare la ricostruzione accusatoria ben dettagliata formulata sulla scia delle dichiarazioni delle presunte vittime. 
A ciascun indagato vengono contestati più episodi, commessi con le stesse modalità, ma in diversi angoli del territorio. Si inizia con Giovanni Scalise, accusato di avere intascato in tre occasioni diverse poco più del doppio di quanto stabilito dal decreto del prefetto di Catanzaro che individua le ditte cui può essere affidata la custodia dei veicoli a motore e di cose sottoposte a sequestro e/o fermo amministrativo e stabilisce le somme da corrispondere per il deposito. Tariffe di cartello assolutamente ignorate dall’indagato che, piuttosto, tra il settembre e l’ottobre del 2011, avrebbe preteso, ripsettivamente, da tre malcapitati cittadini incappati nella presunta rete ingannevole, una somma pari a 150 euro per il solo trasporto di un veicolo sequestrato per la mancanza di copertura assicurativa anzichè quella prevista di 71,01 euro, una somma pari a 475 euro pe il trasporto e la relativa custodia per 115 giorni di un’autovettura sottopista a sequestro amministrativo anzichè quella prevista di 255,76 euro e una somma pari a 130 euro per il solo trasporto del veicolo presso il domicilio dell’utente anzichè quella di 54,16 euro. Era il 21 agosto sempre del 2011, invece, quando l’indagato avrebbe oltrepasto ogni limite, chiedendo addirittura una cifra pari a 1.615,35 euro per traino del veicolo e relativa custodia per 243 giorni, anzichè quella preista di 307,98 prevista dalle tabelle che, evidentemente, in quel caso l’utente conosceva bene, opponendo un secco rifiuto alla richiesta dello Scalise e piuttosto imboccando la strada della Procura per sporgere una pesante denuncia. 
Così come avrebbe fatto un altro cittadino che, nel settembre 2012, si sarebbe imbattuto in Salvatore Vatrano, il quale, sempre secondo l’accusa, gli avrebbe presentato un preventivo pari a 268,82 euro anzichè 87,12 euro per il recupero del mezzo con tanto di maggiorazione notturna. Immediata la protesta dell’utente e la replica dell’indagato “… a Prefettura dorma a notte, m’aizu jeu a notte per recuperare i mezzi… “. Tuttavia, molto meglio gli sarebbe andata in tre precedenti casi, con l’incasso di somme triplicate rispetto a quelle stabilite dalla Prettura.
Stesso copione ricostruito dal magistrato per Cosimo Mungo e Antonio Maiolo, a carico dei quali si parla di due episodi a testa di abuso d’ufficio, per aver preteso Mungo il doppio e Maiolo il triplo delle cifre stabilite sempre per recuperi e custodia di mezzi sequestrati. Il tutto tra il luglio e l’agosto del 2012. E senza che mai ciascuno degli indagati abbia ritenuto opportuno rilasciare la prescritta quietanza di pagamento, “giustificando tale omissione – scrive il magistrato – con l’espediente di non applicare l’Iva”.
Fin qui, dunque, l’ipotesi accusatoria formulata dal sostituto procuraoee, Carlo Villani, e contro la quale indagati e avvocati potranno ora battersi nelle sedi opportune. Su tutto, la sete dei cittadini di capire se e come tale presunto statagemma possa avere influito sulle proprie finanze.

CATANZARO – Di regola chiedevano il doppio, ma a volte c’era chi si spingeva a chiedere anche quattro volte di più rispetto a quanto previsto dalla tabella prefettizia. Rigorosamente senza rilasciare alcuna quietanza di pagamento. Ed a chi lo faceva notare, la risposta non lasciava dubbi: “… a Prefettura dorma a notte, m’aizu jeu a notte per recuperare i mezzi… “. Insomma, tra le ditte deputate ai soccorsi stradali o alla custodia giudiziale dei mezzi sottoposti a sequestro o fermo amministrativo, sembra che fosse diventata ormai una prassi “taroccare” le tariffe stabilite e arrotondare così lo stipendio. Lo avrebbero fatto almeno i titolari di 4 ditte operanti nel catanzarese, secondo il sostituto procuratore, Carlo Villani, che ha chiuso il cerchio su Giovanni Scalise, 50 anni, di Catanzaro, Salvatore Vatrano, 45 anni, di Borgia, Cosimo Mungo, 49 anni, di Squillace, e Antonio Maiolo, 45 anni, di Chiaravalle Centrale. È al loro indirizzo ed a quello dei rispettivi difensori d’ufficio che gli ha nominato la Procura che il magistrato ha spedito un avviso di chiusura delle indagini, nel quale ipotizza il reato di abuso d’ufficio consumato e a volte tentato. Giovanni Scalise è accusato di avere intascato in tre occasioni poco più del doppio di quanto stabilito dal decreto del prefetto di Catanzaro. Tariffe di cartello ignorate dall’indagato che, piuttosto, tra il settembre e l’ottobre del 2011, avrebbe preteso da tre malcapitati cittadini una somma pari al doppio rispetto al tariffario. Era il 21 agosto sempre del 2011, invece, quando l’indagato avrebbe oltrepassato ogni limite chiedendo una cifra pari a 1.615,35 euro per traino del veicolo e relativa custodia per 243 giorni, anzichè quella di 307,98 prevista dalle tabelle che, evidentemente, in quel caso l’utente conosceva bene avendo opposto un secco rifiuto alla richiesta dello Scalise e imboccando la strada della Procura per sporgere denuncia. Così come avrebbe fatto un altro cittadino che, nel settembre 2012, si sarebbe imbattuto in Salvatore Vatrano, il quale, secondo l’accusa, gli avrebbe presentato un preventivo pari a 268,82 euro anzichè 87,12 euro per il recupero del mezzo con tanto di maggiorazione notturna e in tre precedenti casi avrebbe incassato somme triplicate rispetto a quelle stabilite dalla Prettura. Stesso copione ricostruito dal magistrato per Cosimo Mungo e Antonio Maiolo, a carico dei quali si parla di due episodi a testa di abuso d’ufficio per aver preteso Mungo il doppio e Maiolo il triplo delle cifre stabilite. Il tutto tra il luglio e l’agosto del 2012. E senza che mai ciascuno degli indagati abbia ritenuto opportuno rilasciare quietanza di pagamento, «giustificando tale omissione – scrive il magistrato – con l’espediente di non applicare l’Iva». 

 

SULL’EDIZIONE CARTACEA DE IL QUOTIDIANO IL SERVIZIO COMPLETO A FIRMA DI STEFANIA PAPALEO

 

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