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E’ stato condannato a otto anni di reclusione Ion Ihorghe Ciceu, il cittadino romeno di 32 anni, accusato di avere violentato una ragazza nella pineta di Giovino, a Catanzaro, davanti agli occhi del fidanzato, impossibilitato a intervenire per la minaccia di una pistola. Lo ha deciso il gup al termine del processo con rito abbreviato. Il fatto risale al 13 ottobre 2010.
Il giudice dell’udienza preliminare, Emma Sonni, al termine del giudizio abbreviato – che è valso all’imputato lo sconto di pena di un terzo – ha inflitto dunque otto anni di reclusione a Ciceu, condannato anche alle pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e da qualsiasi ufficio attinente alla tutela e alla curatela, e dell’interdizione legale per la durata della pena, nonchè a risarcire il danno alle vittime, costituite parte civile. Ciceu, secondo le accuse che gli sono state mosse sulla base delle indagini della squadra mobile di Catanzaro, e che gli costarono l’emissione di un fermo da parte del sostituto procuratore della Repubblica Alberto Cianfarini, sotto la minaccia di una pistola – solo dopo il fermo rivelatasi finta ma priva del tappo rosso di riconoscimento -, avrebbe violentato una ragazza di 20 anni che si era appartata in località Giovino con il fidanzato trentenne, trascinandola fuori dall’auto di quest’ultimo, che a sua volta fu costretto a rimanere in macchina. Dopo lo stupro l’aggressore rapinò i fidanzati portando via tre banconote da venti euro ciascuna. Proprio quella somma i poliziotti ritrovarono in possesso di Ciceu, cui arrivarono grazie alla pronta denuncia delle vittime che effettuarono un puntuale riconoscimento dell’aggressore.
Il romeno, che si trovava in Italia con un visto turistico dal 2009, all’interno della roulotte dove viveva aveva anche la pistola giocattolo descritta dalla coppia di fidanzati. Due giorni dopo il giudice per le indagini preliminari di Catanzaro, Tiziana Macrì, convalidò il fermo, disponendo la custodia cautelare in carcere a carico di Ciceu che, affiancato dall’avvocato Michele Stranieri, preferì restare in silenzio di fronte alle domande rivoltegli dal giudice, avvalendosi della facoltà di non rispondere.

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