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C’è lo spirito mediterraneo di Ulisse, dietro i Nuju. Al terzo album in tre anni, il prolifico gruppo di Marco Ambrosi ha messo a punto uno stile ormai riconoscibile. Qualcuno, che ama la fusione degli opposti, lo ha battezzato “urban-folk”. La tradizione codificata, calata dentro il caos del presente. È un luogo in cui si ritrovano Goran Bregovic, Peppe Voltarelli, Fred Buscaglione, la denuncia sociale, il meticciato, il precariato, l’impegno contro la mafia. Intrapresa come l’incontro tra musicisti girovaghi, in transito da precedenti esperienze svariate − Rosaluna, Arangara, Massa Furtiva − quella dei Nuju è diventata un’avventura duratura e seria, una specie di approdo da parte di artisti calabresi di provenienze diverse, dallo Jonio al Tirreno, residenti ormai da tempo in Emilia. Fabrizio Cariati, Giuseppe Licciardi, roberto Virardi e Stefano Stalteri: Mirto Crosia; Marco Ambrosi: Zambrone; Roberto Simina: Papanice.

Avventura baciata dalla fortuna e dai riconoscimenti, peraltro. Premi a go-go, tra cui il Radici EtnoContest, la menzione speciale al Premio Buscaglione, il Premio Acusticamente Città di Cervia. E come ciliegina l’invito a Campovolo, il mega-evento organizzato da Ligabue che nel 2011 li ha visti protagonisti davanti a 100.000 persone. Adesso dei Nuju esce il terzo volume, “3° Mondo” (MK Records), conclusivo di una trilogia dedicata a precarietà + frenesia + rabbia. Queste di “3° Mondo” sono dunque le “Canzoni di rabbia” dei Nuju. Rabbia di popoli pezzenti in rivolta perché non hanno “più niente da prendere”; per la nostra Repubblica sprofondata sul lavoro; per la paura d’ogni nuova alba.

Ostinatamente, “Fuori gregge” tambureggia in un frasario a là Caparezza, “L’artista” è invece puro Voltarelli-style. “Compromessi”, obliqua coi suoi suoni sporchi e le voci distorte, è più interessante di “Il furgone”, che risente maggiormente di una retorica barricadiera alla Modena City Ramblers. Le chitarrine e un organo in stile vintage introducono il singolo “La rapina”: oggi non c’è tempo per sognare, i Nuju vanno “in guerra con la chitarra”.

Fabrizio Cariati canta “per sentirmi vivo ho bisogno del conflitto”: la voce dell’artista sincero si leva con la forza dell’indignazione, contro le schiavitù, le povertà, la perdita delle dignità. E anche se l’urban-folk è una delle declinazioni della patchanka, il pezzo più bello e ispirato dell’album, che arriva in coda, è una vera e propria canzone d’autore, sul ripensamento, che sa di pioggia, segreti, commozione; “Come vorrei”, si intitola. Per il prossimo disco, ci piacerebbe molto che i Nuju ripartissero da qui, da una scrittura più ricercata e personale, lasciandosi alle spalle le scorie e i cliché del combat folk.

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